«Oggi è stata una mattinata di intenso lavoro che ha prodotto i suoi frutti - ha scritto il premier Giuseppe Conte su Facebook. - Ho inviato una lettera alla Telt, società incaricata della realizzazione della Torino - Lione, invitandola ad astenersi, con effetti immediati, da qualsiasi ulteriore attività che possa produrre ulteriori vincoli giuridici ed economici per lo Stato italiano con riguardo ai bandi di gara.
Ho chiarito che questo Governo e le forze politiche che lo sostengono si sono impegnati a "ridiscutere integralmente" questo progetto e che abbiamo intenzione di interloquire con la Francia e con l’Unione europea alla luce delle più recenti analisi costi-benefici da noi acquisite. Ovviamente non vogliamo che nel frattempo si perdano i finanziamenti europei già stanziati.
La società Telt mi ha appena risposto confermandomi che i capitolati di gara non partiranno senza l’avallo del mio Governo e del Governo francese e che, al momento, si limiteranno esclusivamente a svolgere mere attività preliminari, senza alcun impegno per il nostro Stato. Abbiamo promesso di tutelare esclusivamente gli interessi degli italiani.
Qui di seguito trovate le due lettere. Lavoriamo in piena trasparenza perché non ci lasciamo condizionare dalle pressioni opache di gruppi di potere o comitati di affari. Fino a quando questo Governo sarà in carica, per quanto mi riguarda, sarà così. Sempre.»
Dopo la comunicazione di Conte è arrivato il video del di nuovo sorridente Luigi Di Maio che ha cercato di spiegare agli italiani che riguardo al Tav Torino - Lione si è trovata la soluzione, che nessuna crisi di Governo è alle porte e che ci sono adesso sei mesi per decidere.
«La verità è che questi soldi delle vostre tasse non si potranno spendere prima di sei mesi e solo se il Governo italiano e il Governo francese daranno l'ok», è ciò che ha detto il vicepremier 5 Stelle, con l'intento di chiudere qui la questione Tav, metterla nel cassetto o per meglio dire nel dimenticatoio... almeno fin dopo le elezioni europee.
A dire il vero, però, la questione, al di là di quello che premier e 5 Stelle vogliono far credere, rimane ancora aperta, per due motivi.
Il primo riguarda Telt. La società italo francese, nella sua risposta a Conte, ha scritto che la pubblicazione dei bandi di gara è stata rinviata su richiesta del governo italiano e con l'accordo del governo francese, ma ha anche ricordato che la stessa società è stata invitata a fare in modo di salvaguardare i finanziamenti europei.
Come ricordato nella lettera dal presidente e dal direttore generale di Telt, un rinvio oltre il mese di marzo della pubblicazione dei bandi comporterebbe, come confermato dall'Ue e come recepito dai ministri dei Trasporti di Italia e Francia, una riduzione dei finanziamenti europei di 300 milioni di euro. I due amministratori di Telt fanno sapere al nostro governo che per la perdita di quel finanziamento loro diverrebbero responsabili sia dal punto di vista civile che penale.
Pertanto, nel frattempo, nella lettera si fa presente che i bandi di gara per quanto riguarda il lotto francese verranno comunque pubblicati lunedì 11 marzo, in "modo da rispettare il termine del 31 marzo per la presentazione alla Commissione del finanziamento per l'anno 2019."
Il secondo motivo è legato a quello sopra indicato. Da una parte Telt ferma i bandi per le opere in Italia, ma li pubblica invece per la parte dell'opera che riguarda la Francia. Quindi, la Francia manda avanti i lavori relativi al tunnel di base, mentre l'Italia dice che parlerà con la Francia per ridiscutere l'opera.
Come dobbiamo definire tutto questo? Una commedia dell'assurdo? Sicuramente, ma possiamo anche definirla una semplice commedia che ha come scopo di accantonare la questione Tav fin dopo le elezioni europee. Una volta che si sarà votato, dopo qualche settimana, il premier Conte gemente e piangente, con gli affranti Di Maio e Toninelli, diranno che la Francia non ha accettato di ridiscutere l'opera, che l'Ue ha fatto altrettanto e che le penali sarebbero state troppo alte... quindi è necessario proseguire i lavori per la Torino - Lione, ma dopo aver sottolineato che la colpa è di altri.
Rispetto a quanto accadeva in passato, i 5 Stelle hanno un diverso approccio per scusarsi con gli elettori delle mancate promesse elettorali. Non ammettono di non averle mantenute. Al contrario, cercano di far credere di aver fatto di tutto per mantenerle, ma che altri glielo hanno impedito, come è stato fatto con l'Ilva, con il Tap e, adesso, con il Tav.
Ma questa pagliacciata orchestrata sulla Torino - Lione ha comunque un costo. Per metterla in scena, a pagarne il conto saranno i dipendenti delle ditte che avrebbero dovuto lavorare nei cantieri di quell'opera, lato Italia, che adesso sono in cassa integrazione e che domani verranno licenziati... mentre alcune di quelle aziende impegnate nei lavori sono a rischio fallimento. E tutto questo per consentire a Di Maio & co. di salvare la faccia per qualche mese, fino a quando poi i lavori proseguiranno.
Inutile dire che sono già partite le proteste degli amministratori locali piemontesi, delle associazioni di categoria, dei sindacati, dei partiti di opposizione.