L'interesse di Kohlberg Kravis Roberts (KKR) in Tim risale a poco più di un anno fa. Per chi non lo sapesse o lo avesse dimenticato, a fine agosto 2020 il  CdA di TIM approvò l'accordo con KKR Infrastructure e Fastweb relativo alla costituzione di FiberCop, la NewCo in cui sono state conferite la rete secondaria di TIM (dall'armadio di strada alle abitazioni dei clienti) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture partecipata da TIM (80%) e Fastweb (20%).

Nella stessa riunione il Consiglio di Amministrazione di TIM approvò anche la lettera d'intenti con CDP Equity (la società per gli investimenti di Cassa Depositi e Prestiti) finalizzata ad integrare FiberCop "nel più ampio progetto di costituzione di una società della rete unica nazionale".

FiberCop, in pratica, è nata per cablare l'Italia con la fibra ottica, non solo gli armadi, ma anche i singoli utenti. Una rivoluzione. La società che deterrà la rete, è evidente, avrà sotto il proprio controllo una buona fetta della rete di comunicazioni dell'Italia. 

Al momento della costituzione, a TIM va il 58% di FiberCop, a KKR Infrastructure il 37,5% e a Fastweb il 4,5%. TIM diventa anche il fornitore esclusivo per la costruzione e la manutenzione delle reti, oltre a fornire ulteriori servizi a FiberCop.

Nel comunicato di Tim che descriveva l'operazione si legge anche che "l'apporto di risorse finanziarie che deriva dall'ingresso di KKR Infrastructure in FiberCop darà un ulteriore importante contributo al rafforzamento della struttura patrimoniale del Gruppo TIM".

Ma FiberCop non è l'unico soggetto che vuole cablare l'Italia in fibra ottica. Il concorrente si chiama Open Fiber, società costituita nel dicembre del 2015 e detenuta interamente da Enel. Anche Enel fece ricorso a CDP Equity per ottimizzare i propri asset in funzione dell'attività di cablaggio.

Per questo, sempre nello stesso CdA del 31 agosto 2020 i consiglieri dettero il via libera alla firma di una lettera d'intenti con CDP Equity (CDPE) "finalizzata alla realizzazione del più ampio progetto di rete unica nazionale (AccessCo) attraverso la fusione tra FiberCop e Open Fiber. Secondo quanto previsto dall'intesa, TIM deterrà almeno il 50,1% di AccessCo e attraverso un meccanismo di governance condivisa con CDPE sarà garantita l'indipendenza e la terzietà della società".

Da allora, però, non sappiamo se questo matrimonio tra i due cablatori si farà o meno. Il progetto ricevette il pollice verso del nuovo governo Draghi nel maggio di quest'anno, quando nel piano del Pnrr omise qualsiasi riferimento a AccessCo di cui il Conte-bis era stato il regista e che nel piano di resilienza dell'ex premier era più che presente. Il ripensamento, secondo alcuni media, era da attribuire alla Commissione Ue che non vedeva di buon occhio la realizzazione di una sola rete, specie se a tirarne le fila sarebbe stato un soggetto già integrato nel settore come Tim.

Ad oggi non sappiamo se questa fusione ci sarà o meno. Nel frattempo Open Fiber diventa australiana (in parte) con il fondo Macquarie che ha acquisito la quota di Enel in Open Fiber. Un'operazione andata in porto lo scorso agosto e avallata dall'Ue solo un paio di settimane fa. Operazione che porterà Cassa Depositi e Prestiti ad avere in Open Fiber la maggioranza con una quota di partecipazione del 60%, mentre Macquarie acquisirà il 40%.    

Dopo una settimana dal via libera dell'Ue all'operazione arriva l'offerta di KKR per acquisire la maggioranza di Tim che, nei piani del nuovo acquirente diventerà una società non più quotata in borsa.

Al resoconto di quanto accaduto finora, c'è da aggiungere l'esito del CdA di Tim che si è riunito venerdì. Il direttore generale Luigi Gubitosi si è dimesso dall'incarico, rimanendo però nel Consiglio d'Amministrazione, ed è stato sostituito da Pietro Labriola (Tim Brasile).

Nella stessa riunione, il Consiglio di Amministrazione, in relazione alla manifestazione di interesse indicativa e non vincolante inviata da Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (“KKR”) del 19 novembre, ha istituito su proposta del Comitato per il Controllo e Rischi un Comitato ad hoc costituito dal Presidente del Consiglio di Amministrazione e da quattro Amministratori Indipendenti: il Lead Independent Director e gli Amministratori Paolo Boccardelli, Marella Moretti e Ilaria Romagnoli.

"Il comitato - si legge in una nota - avvierà tempestivamente e svolgerà, con il supporto degli advisor che all'uopo provvederà ad incaricare, tutte le attività istruttorie propedeutiche all'analisi del contenuto della Manifestazione non vincolante. Le attività e istruttorie del comitato saranno condotte secondo le migliori prassi al fine di consentire al Consiglio di valutare compiutamente la portata, il contenuto, le condizioni e le conseguenze della Manifestazione non vincolante, nonché maturare e assumere, in maniera adeguatamente informata, le determinazioni in relazione alla stessa per quanto di propria competenza".

In tutto questo l'assenza di comunicazioni da parte del Governo (del Governo dei "migliori") fa rumore, considerandone il ruolo di protagonista diretto e indiretto, con il suo potere di veto in Tim tramite la golden power e l'investimento di CDP Equity in Open Fiber.

Nel frattempo, sul fronte occupazionale, i sindacati sembrano essersi svegliati e lunedì 29 novembre inizieranno un presidio davanti al Ministero dello Sviluppo Economico e davanti alle prefetture di tutta Italia "per urlare tutto il loro sdegno di fronte all'atteggiamento del Governo riguardo la vicenda della rete unica di TLC e la situazione di forte conflittualità che è esplosa nuovamente nel Gruppo TIM".

Per i sindacati, si legge in un comunicato di Cgil, Cisl e Uil, "si stanno pagando le scelte del Governo dei migliori che ha abbandonato la prospettiva del rilancio di un modello partecipato dallo Stato, quello del memorandum dell'agosto del 2020, a vantaggio del modello delle tante piccole reti dove lo Stato regala soldi ai privati, perde qualsiasi tipo di sovranità su un asset strategico come la RETE ed aggrava il ritardo tecnologico del Paese. Chi sta decidendo di non decidere si assumerà la responsabilità dell'arretramento infrastrutturale del Paese e, soprattutto, delle migliaia di esuberi del settore che inevitabilmente queste scelte produrranno".

E adesso non rimane che attendere per conoscere quale sarà il seguito di una vicenda dove l'unica cosa chiara ed evidente è il ruolo di spettatore del Governo Draghi su quello che lui stesso riconosce essere un asset strategico del Paese. Più che dei migliori, sembra essere il Governo dei distratti.