E' il giorno in cui sarà assegnato il Premio Nobel per la letteratura (che Fo vinse nel 1997), ed è anche il giorno in cui dobbiamo dire addio ad uno dei più grandi istrioni che il nostro panorama culturale abbia mai avuto.

Di lui si può dire tutto ed il contrario di tutto, ma non che non sia stato un grande.

 

Grande nel difendere il suo pensiero, grande nel saper mettere a nudo le manchevolezze ed i difetti di chi avrebbe dovuto rappresentarci, utilizzando un linguaggio (verbale e corporale) che aveva il sapore antico del fare giullaresco.

Attore, scrittore, drammaturgo, regista, è noto ai più per la sua opera "Mistero Buffo", che proprio dell'arte giullaresca è l'espressione più alta.

Portato in scena nel 1969, utilizza interamente il grammelot, ossia un linguaggio teatrale che si rifà alle improvvisazioni giullaresche e che è costituito da suoni che imitano il ritmo e l'intonazione di uno o più idiomi reali con intenti parodici. Una mescolanza di dialetti della pianura padana, accompagnata a mo' di traduttore simultaneo dalla indimenticabile mimica facciale di Fo.

Le sue opere sono rappresentate in tutto il mondo, ed il fatto che fosse lui stesso a ricoprire i ruoli di attore, sceneggiatore, autore, regista, la dicono lunga sulla padronanza e sulla profonda conoscenza che aveva dell'arte teatrale.

Un'arte che ha condiviso per 60 anni con la donna e compagna della sua vita, l'indimenticata Franca Rame.