Oggi siamo abituati ad usufruire delle applicazioni su internet quasi totalmente gratuitamente, non perché ci siano benefattori da ogni parte del globo che aspirano per tutta la loro vita a soddisfare i bisogni del prossimo ma perché noi paghiamo ogni giorno il web2 con dati ed informazioni che a sua volta il web2 si rivende a caro prezzo, e grazie a questo può permettersi di continuare a darci quella condizione di “panem et circensi” dove noi siamo sazi e soddisfatti solo per il fatto che abbiamo intrattenimento ed altre ghiottonerie digitali totalmente free.
Dall’altra parte però siamo prodighi di consigli e di intenzioni quando qualcuno, magari non potente come google o meta, usa i nostri dati per inviarci, e dico magari, una mail per promuovere un piccolo negozio di periferia che a causa di amazon sta lasciando a casa dipendenti ed affamati i propri figli. E lì siamo severi, minacciamo denunce al garante perché “i nostri dati sono sacri”.
Ma questa prostituzione digitale alla quale tutti noi siamo ormai avvezzi da tempo, e non si azzardi nessuno a dire il contrario a meno che non possa mostrare un log illibato che purtroppo nemmeno sacerdoti, suore ed imam posson vantare, dicevamo questa prostituzione digitale ci ha abituato a tal punto dall’essere schiavi dell’algoritmo pubblicitario che abbiamo perso di vista il vero valore di internet : la persona e la sua conoscenza.
Bene, la rivoluzione che porta con se il web3, così leggiamo dalle pubblicazioni di Massimiliano Nicolini ad oggi il maggior esperto della materia web3 VRO del paese, tende a centralizzare l’individuo e quindi a farlo riappropriare gelosamente della propria vita digitale dandogli delle opportunità di estensione del proprio patrimonio umano pressoché illimitate.
La libertà si sa ha un prezzo, e quindi gli sviluppatori si troveranno di fronte ad una scelta se proseguire col modello “adv based” oppure spostarsi su un modello basato sull’utente in quanto punto focale dell’applicazione è il soggetto pagante del servizio del quale vuole fruire.
Questo fra l’altro permetterà anche una maggiore professionalizzazione degli operatori lasciando disoccupati i cd “cugini che se ne intendono” di mezzo mondo, permettendo alla tecnologia ed all’informatica di tornare una materia nobile e rispettata soprattutto dagli utenti stessi che oggi, convinti che si possa ascoltare qualche tutorial per imparare ad essere i nuovi Jobbs, rendono a volte vani gli sforzi ed i tentativi di studio e di ricerca dei singoli professionisti; questo fra l’altro non è sinonimo di libertà digitale ma è un fenomeno generato per supportare la convinzione (peraltro falsa) di essere esperti ma finalizzata a creare un’esperienza generica indirizzata solo verso le piattaforme che la creano; difatti se analizziamo le grandi compagnie sempre più ampliano i loro centri di sviluppo, che senso avrebbe fare questi investimenti miliardari se è così facile diventare cyber esperti ?
La risposta ovviamente viene da sé, anche in questo ambito siamo cybermanipolati per creare autoconvincimento e soddisfare la nostra voglia di sentirci capaci in una materia in un ambito che, essendo di dominio pubblico e nella vita di tutti i giorni, è di fatto alla portata di ognuno; la stessa cosa si è verificata anni prima nel mondo della automobili dove non si contano i meccanici fai da te nati sfogliando i giornali di settore, giornali che erano per lo più finanziati da imprese del settore dei ricambi.
Per cui chi vi promette web3 e metaverso super free vi promette qualcosa che non potrà mantenere mai perché non ci sono le condizioni tecniche al momento per sostenerlo utilizzando i dati degli utenti, a meno che gli utenti in massa non decidano di pagare i servizi vendendo le loro informazioni per sempre di ogni momento della loro vita anche e soprattutto quella privata.
Per cui vi dico che non esiste un web3 free e non esisterà mai, ma questo potrebbe essere l’unico modo dal quale ritorneremo esseri umani e non saremo più zombie digitali.