Avvenire pubblica una interessante riflessione del giornalista  Matteo Liut:

"L'attesa. Il silenzio nella Cappella Sistina sarà un segno dentro il rumore del mondo.Il rumore appena percettibile del fruscio delle fasce e delle nappe porporate che cingono i fianchi dei cardinali, il cigolio delle suole di cuoio sui lucidi pavimenti di marmo, il mormorio di parole scambiate a mezza voce tra le volte affrescate: è facile immaginare i delicati rumori di un Conclave e di tutta l’attività, solenne ma ordinata, che sta animando in questi giorni i palazzi vaticani. Quel silenzio carico di attesa in queste ore sta crescendo dentro mura antiche e spesse, mentre però fuori il mondo continua la sua corsa e non smette l’incessante rimbombo delle tante ferite dell’umanità. Non c’è un fruscio delicato per i neonati dei campi profughi, non ci sono parole sussurrate per le popolazioni colpite da missili e droni, non ci sono delicati cammini di riconciliazione per le donne vittime di violenza, per chi subisce abusi, per i giovani privati della speranza e dei sogni. Come si risolve questo contrasto? Come si tesse e si mischia l’armonia sacra che attornia la scelta di un Pontefice con il sofferente ansimare del pianeta?Tutti vorremmo essere ora in quei corridoi ed entrare nelle stanze dove si riuniranno 133 uomini dai cinque continenti cui spetta scegliere il nuovo Papa, per ascoltare quello che si stanno dicendo e avere qualche notizia su chi sarà il prossimo successore di Pietro. In realtà, per onorare ciò che sta succedendo in Vaticano e partecipare in qualche modo ai lavori del Conclave, oltre che fermarci in preghiera, forse, dovremmo sentire ora più che mai l’urgenza di lenire le ferite dell’umanità, di stare dentro i più disastrati campi profughi, accanto ai popoli bombardati, dalla parte delle vittime della prepotenza del mondo (e alle volte della nostra). E non dovremmo farlo solo perché questo sarebbe il modo migliore per raccogliere l’eredità di papa Francesco, ma soprattutto perché è Cristo che ce lo chiede. Anche in questo frangente storico di passaggio e di scelta, il Crocifisso ci domanda di lasciare da parte le logiche mondane di potere e di continuare a farci carico delle periferie del mondo, di chi sta ai margini, di chi soffre e non riesce più a sperare. È soprattutto il loro urlo che i cardinali riuniti in Vaticano in questi giorni sono chiamati a raccogliere dentro il silenzio del Conclave. Verrebbe da pensare, forse, che il loro isolamento sia un privilegio, ma non è così: dentro quelle mura i porporati in questi giorni stanno sperimentando il loro “deserto”, lo stesso vissuto da Cristo, che proprio lontano dal mondo ha incontrato il maligno, quella radice oscura, che cerca di soffocare la luce stessa della vita.Ecco perché la Chiesa, anzi il mondo intero, ha bisogno del silenzio del Conclave, così come ha bisogno di riti e gesti dalla storia antica, forse lontani dal mondo contemporaneo e dalla sua sensibilità, ma carichi di tutta l’attesa dell’umanità. In quei corridoi solenni, apparentemente ermetici di fronte all’agitarsi della storia ma in secolari testimoni delle umane vicende, i cardinali hanno un compito molto grave: mettersi in ascolto degli ultimi, delle donne spesso calpestate e violate, dei poveri schiacciati da interessi privi di anima, dei piccoli sfruttati e abbandonati. In questo momento quegli uomini in veste filettata sono chiamati a guardare in faccia il dolore del mondo e fare come Cristo, che ha scelto di stare accanto all’umanità che spera, a partire proprio da chi speranza non ne ha più.L’eco di tutto questo arriva di certo fino agli spazi più reconditi di questo spazio protetto, perché non c’è muro, non c’è affresco, non c’è porta che la possa tenere fuori. Ed ecco quindi l’auspicio per il Conclave che si aprirà mercoledì: c’è da augurarsi che la prima domanda che i cardinali si stiano facendo, e che si faranno anche dopo l’extra omnes, non sia solo “di cosa ha bisogno la Chiesa?”, ma soprattutto “di cosa ha bisogno il mondo?”. Solo ponendo in cima a tutte le priorità la risposta a questo quesito, dalla votazione uscirà il nome di un pastore capace di continuare a fare della Chiesa uno strumento nelle mani di Dio per rispondere alle richieste del nostro tempo. Si potrebbe quasi dire che l’unica cosa che i cardinali dovrebbero fare in questi giorni è sognare: sognare un mondo di pace, sognare un’umanità riconciliata, sognare una Chiesa autentica testimone di Dio. E da un sogno così, magari, arriverà la scelta di un Papa ancora oggi capace di guidare e sostenere la Chiesa nel millenario compito di farsi portatrice del Vangelo. Una missione che passa di sicuro anche attraverso le strutture, i gesti, le parole, i percorsi pastorali, le liturgie e tutto ciò di cui la Chiesa ha bisogno per essere il segno della presenza di Dio nella storia e di cui il nuovo Papa dovrà farsi carico. Ma quel sogno, forse, avrà anche la forza di alimentare una comunità in grado di ascoltare ogni singola richiesta di aiuto dell’umanità: dal grido sofferente delle popolazioni in guerra fino all’ultimo flebile rantolo di un bambino morente, dimenticato da tutti nell’ultimo angolo remoto del pianeta. Una comunità, che avrà imparato a fare spazio ai sussurri degli ultimi anche grazie al silenzio nel quale si stanno immergendo i cardinali in questi giorni.


Fonte: Avvenire
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