Per chi non ne fosse a conoscenza, sabato sera è stata una corsa contro il tempo per chi sarebbe stato il primo a comunicare un'ulteriore stretta sulle limitazioni da imporre al Paese, sia ai cittadini che alle attività produttive. Così, nonostante gli appelli all'unità di Sergio Mattarella, i presidenti delle regioni Lombardia e Piemonte hanno emanato proprie ordinanze, probabilmente concordate tra loro, con cui impongono ulteriori limitazioni alla circolazione delle persone e al funzionamento delle attività produttive e degli uffici pubblici e privati. Cirio e Fontana però, nella fretta di emettere le proprie direttive, si sono confusi oppure si sono dimenticati di concordare anche una data di scadenza per quanto imposto. Così mentre in Piemonte l'ordinanza scadrà il 3 aprile, in Lombardia avrà validità fino al 15 aprile. 

Per aggiungere confusione alla confusione o con l'intento di evitarla cercando - a questo punto inutilmente - di tenere a bada le amministrazioni locali che non sapendo che cosa fare, ma dovendo far credere agli amministrati di saperlo, avevano iniziato a minacciare di chiudere la qualunque, il presidente del Consiglio Conte ha annunciato nuove restrizioni e chiusure, ma fino al 3 aprile, dichiarando:

«Abbiamo lavorato tutto il pomeriggio con i sindacati, con le associazioni di categoria, per stilare una lista dettagliata in cui sono indicate le filiere produttive delle attività dei servizi di pubblica utilità, quelli che sono più necessari per il funzionamento dello Stato in questa fase di emergenza. Continueranno a rimanere aperti tutti i supermercati, tutti i negozi di generi alimentari e di prima necessità. Quindi, fate attenzione, non abbiamo previsto nessuna restrizione sui giorni di apertura dei supermercati. Invito tutti a mantenere la massima calma, non c'è ragione di fare una corsa agli acquisti, non c'è ragione di creare code che in questo momento non si giustificano affatto. Continueranno a rimanere aperte anche farmacie, parafarmacie, continueranno a venire assicurati i servizi bancari, postali, assicurativi, finanziari. Assicureremo tutti i servizi pubblici essenziali, ad esempio i trasporti. Assicureremo ovviamente anche tutte le attività connesse, accessorie, funzionali a quelle consentite, a quelle essenziali. Assicureremo ovviamente anche tutte le attività connesse, accessorie, funzionali a quelle consentite, a quelle essenziali.Al di fuori delle attività ritenute essenziali, consentiremo solo lo svolgimento di lavoro modalità smart working e consentiremo solo le attività produttive ritenute comunque rilevanti per la produzione nazionale. Rallentiamo il motore produttivo del Paese, ma non lo fermiamo.»


Adesso, dopo aver riportato i fatti, possiamo esprimere alcune considerazioni ad essi conseguenti. Quella più semplice, perché inconfutabile, è che le istituzioni del Paese agiscono ormai in ordine sparso con le amministrazioni locali che ritengono di essere autorizzate a muoversi per proprio conto, in barba all'interesse nazionale, ignorando la propria dipendenza dal Governo centrale che, teoricamente, dovrebbe ancora esistere e funzionare. Ma l'accorto e previdente segretario della Lega, Matteo Salvini, lo aveva anticipato: Roma chiuda tutto oppure ci penseremo noi. 

Se il Governo abbia o meno ceduto al ricatto delle regioni del nord o se avesse già deciso autonomamente, da giorni, di chiudere anche le attività produttive finora (teoricamente) rimaste aperte è impossibile affermarlo, in ogni caso è evidente lo scollamento istituzionale già in atto e che, nei prossimi giorni, nel caso il contagio da coronavirus non dovesse diminuire, non potrà che peggiorare.


Per quanto riguarda poi la chiusura delle attività, Conte ha detto di aver "lavorato tutto il pomeriggio con i sindacati, con le associazioni di categoria, per stilare una lista dettagliata in cui sono indicate le filiere produttive delle attività dei servizi di pubblica utilità, quelli che sono più necessari per il funzionamento dello Stato in questa fase di emergenza", aggiungendo che, ad esempio, i supermercati continueranno a rimanere aperti.

Ma quante tipologie di merci vi sono in un supermercato? Infinite. E per produrre tutto quel quantitativo di prodotti, in un pomeriggio, sindacati, associazioni di categoria e Conte dovrebbero esser riusciti a stabilire quali sono le filiere produttive che dovrebbero rimanere aperte per non interrompere la produzione di quelle merci e la loro disponibilità? Ma scherziamo? Solo a pensarlo si rischia il ridicolo, figuriamoci a dirlo. Nonostante ciò, Conte lo ha detto. Non solo. Non sembra nemmeno aver istituito una catena di controllo che possa monitorare giorno per giorno l'impatto di tale scelta, in modo da verificarne o meno le conseguenze. O, comunque, non ce lo ha fatto sapere.

Pertanto, nelle prossime due settimane (circa) inizieremo a registrare una progressiva carenza nelle forniture delle merci e sempre più evidenti criticità nella fornitura dei servizi... a cui la gente inizierà a rispondere in maniera sempre più irrazionale e incontrollabile. 


A guidare le istituzioni del Paese, adesso, ci sono delle persone che si sono fatte strada promettendo di fare ciò che la gente chiedeva loro... al di là che le richieste fossero giuste o sensate. L'importante era farsi eleggere. Queste persone, pertanto, non sono in grado di governare un Paese, ma solo di correr dietro al consenso... una differenza di non poco conto, specie in una situazione come quella che stiamo vivendo, mai accaduta prima, e che richiederebbe preparazione, competenza, logica, sangue freddo... tutte caratteristiche che non possiamo trovare in chi adesso occupa incarichi istituzionali.

Pertanto, quello che accadrà nei prossimi giorni è solo nelle mani dei cittadini e del loro senso di responsabilità. Ma prevedere che la "massa" sia o possa rimanere responsabile quando inizieranno a mancare prodotti e servizi, che, al di là che lo siano o meno, vengano dal singolo ritenuti essenziali, è sinceramente non sono difficile crederlo, ma anche utopistico sperarlo.