"C’era uno Stadio in Belgio e una notte che doveva essere di festa. C’erano migliaia di persone, quella notte, all’Heysel, migliaia di occhi che non vedevano l’ora di emozionarsi per una grande partita.C’erano 39 di loro che, quella partita, non la videro mai.Da quel giorno del 1985 per noi la parola “Heysel” è sinonimo di sgomento, irrazionalità, di eventi vertiginosi in una notte scellerata.Il 29 maggio è una data in cui quella ferita torna a fare male, e sappiamo bene che non smetterà mai.Ci stringiamo nel ricordo uniti alle famiglie e a tutti i cari di quelle 39 persone innocenti.Che c’erano, e non smetteranno mai di essere insieme a noi".

Così la Juventus ha ricordato i 38 anni dalla strage dell'Heysel, dove la stupidità dei "tifosi organizzati" del Liverpool, le scarse misure di sicurezza dello stadio e l'assoluta impreparazione della polizia belga causarono una vera e propria carneficina tra i "tifosi non organizzati" della Juventus.

Quella finale dell'allora Coppa dei Campioni era una partita che non andava giocata, ma che lo fu solo per giustificare che non farlo avrebbe potuto causare conseguenze ancor più drammatiche.

Secondo alcuni la partita fu giocata per consentire ai militari acquartierati a Bruxelles di preparare due vie di fuga separate per le opposte tifoserie, in modo che non venissero a contatto una volta uscite dallo stadio.

Una partita vinta dalla Juventus con un rigore inesistente e poi festeggiata dagli stessi giocatori, prima allo stadio e poi al ritorno dal Belgio con la squadra sorridente che scendendo dalla scaletta dell'aereo mostrava soddisfatta la coppa insanguinata. In quel momento cosa fosse accaduto i giocatori della Juventus e il presidente Boniperti lo sapevano benissimo. Una scena ributtante.

La vittima più giovane aveva 10 anni.



Crediti immagine: commons.wikimedia.org/wiki/File:Heysel_(1).jpg