Prologo...


USA! DOVE SEI?

1983. Siamo in classe turistica, sul volo Alitalia per New York del tardo pomeriggio: emigranti che tornano in America dopo la visita ai parenti di Villa San Giovanni; americani reduci dal tour in Italia (Capri - Roma- Firenze -Venezia); giovanotti che si apprestano al mitico “coast to coast”, tante volte sognato sul catalogo dell’agenzia sottocasa.

L’agenzia: allora vero punto di frontiera da cui spiccano il volo i sogni dello studente, dell’impiegato, delle coppie in viaggio di nozze, come i nostri due eroi.

Roberto è un tipo relativamente tranquillo, un giovanotto che ama le corse in moto sull’autostrada e le escursioni in montagna. Caso ha voluto che gli sia capitata in moglie Genna, una di quelle ex adolescenti frustrate. La ragazza decide di farne un viaggiatore e gli regala, come dono di nozze, un viaggio negli Stati Uniti di cui il malcapitato non sente la necessità.

Hanno trascorso mesi a parlarne e a progettare forsennatamente le varie possibilità esistenti, fino alla ragionevole decisione: viaggio organizzato con mezze giornate libere.

Per due pulcini, che insieme avevano al massimo trascorso una domenica a Bologna o Firenze, sembra già un’avventura alla Salgari.

Per cominciare, occorre il visto d’ingresso, con tutte quelle domande sul modulo da compilare: sei mai stato negli USA? Sei iscritto a partiti politici? Giura che non vuoi venire a sistemarti da noi! Non è che ti piace Fidel Castro?

Tra limitazioni valutarie e terrore della violenza americana, i due si portano i soldi contati e stipati in luoghi irriferibili.

E’ una mattina di domenica. Trepidanti, attendono l’arrivo del pullman per la Malpensa. Sono con una ventina di persone. Si scrutano tutti con circospezione e nessuno vuol parlare per primo.

Dopo cauti abbordaggi, si scopre che saranno in quattro a volare negli States, con l'aereo PAN AM.

Il mezzo arriva e il ragazzo alla guida si rabbuia immediatamente: “Siete troppi, non posso caricarvi con questo, è piccolo, se succede qualcosa ci vado di mezzo io”.

Si smoccola, increduli: non lo sapevano prima, quanti erano? L’agenzia non gliel’aveva detto? Risposta:

“Io non c’entro con l’agenzia, al massimo vi porto alla rimessa e lì vedremo”

Ecco la prima sosta nell’oscuro garage dove li riuniscono, già intristiti dall’imprevisto, tra recriminazioni, scrollate di spalle, sguardi incazzati.

Spunta una vetusta corriera. Secondo start.

Anche il secondo fallisce: quella specie di biroccio a motore si inchioda in autostrada.

Il solito ragazzo prega di mantenere la calma, cerca un telefono (mica c'erano i cellulari) e li fa raccattare da un bel pullman che porta quelli del volo Alitalia: vedrete, dice, andrà tutto bene. Santo subito.

Si sta in piedi, ma che fa: basta arrivare.

Si catapultano in aeroporto, in tempo solo per vedere il loro volo al decollo. E adesso?

Altro miracolo: un divino impiegato gli salva la vita e li prenota sul volo... Alitalia. Insomma, era destino. L'importante è avercela fatta, in qualche modo.

Gli sposini si fregano le mani e vanno a pranzo, gentilmente offerto per il disagio. Al tavolo c'è il primo impatto a distanza con gli USA: si avvicina un bel tipo di italo americano, genere “Anastasia mio fratello”, e chiede al marito se per caso abita nel New Jersey, perché somiglia a un suo vicino di casa.

Dopo aver cortesemente escluso una tale eventualità, rimasti soli, i due si guardano perplessi. Che lingua parla questo? Sembra convinto di esprimersi nell'idioma dantesco, ma è solo broccolinese.

Dài, non fare l'europeo con la puzza al naso, poverino, è stato gentile.

Finalmente si parte: il boeing rolla, il cuore batte.

“Certo che tira eh!”

“Parla piano! Se no, si vede che non abbiamo mai volato”.


Continua...