Il ministro dell'Interno Matteo Salvini venerdì era a Parigi per la riunione dei ministri dell'Interno del G7. Un vertice di due giorni in cui, come riporta una nota del ministero, si è discusso di sicurezza e, in particolare, di lotta al traffico di esseri umani, contrasto a immigrazione illegale e crimini informatici con l'utilizzo di internet a fini terroristici.

A conclusione dei lavori, Salvini ha dichiarato ai giornalisti, riferendosi alla vicenda della Alan Kurdi, che "la nave della Ong tedesca ha raccolto il suo carico di esseri umani a 25 miglia dalla costa libica e ne ha percorse 172, sette volte tanto, per avvicinarsi all'Italia, mettendo a rischio la vita di decine di persone.
Evidentemente per un motivo politico. Hanno trovato il ministro sbagliato, gli italiani sono stanchi di essere presi in giro."

Salvini ha poi aggiunto: "mettere nero su bianco, in un consesso come quello dei ministri del G7 il fatto che, non tutte, ma alcune associazioni ... sono complici di un traffico e di un business di essere umani vuol dire che non eravamo visionari quando lo denunciavamo".


Che cosa al G7 Salvini e soprattutto gli altri ministri abbiano firmato non è ancora chiaro, ma quel che è certo è che la magistratura italiana per più di due anni ha indagato su possibili connivenze tra Ong che operano nel Mediterraneo e trafficanti di esseri umani, senza però aver mai fornito alcuna prova e conseguenti rinvii a giudizio per alcuna di esse.

Quindi Salvini continua, nonostante il suo ottimismo, ad essere un visionario, salvo indicare nomi e circostanze che nella conferenza stampa si è ben guardato dal fare.

Riguardo la Alan Kurdi, il ministro dell'Interno ha detto che avrebbe messo a rischio la vita delle persone salvate davanti alle coste della Libia nel non riportarle da dove erano partite, dimenticandosi però che la Libia si è ben guardata dall'intervenire e dal dare indicazioni sul salvataggio, così come gli altri centri di ricerca e soccorso di Italia e Malta. Inoltre, la Libia di al Serraj non era un porto sicuro prima e lo è ancor meno adesso, visto che in base a quanto ci descrivono le cronache delle ultime ore quella Libia e quel Governo esistono solo nella fantasia dell'esecutivo italiano.

Alle solite imbarazzanti dichiarazioni riportate, Salvini ha aggiunto di aver parlato della Alan Kurdi con il ministro dell'Interno tedesco, ma senza arrivare ad una soluzione.

Intanto, in base alle ultime notizie, alla nave della Ong Sea Eye sarebbe stato "concesso" di sbarcare due donne insieme ai loro bambini, che però hanno rifiutato, probabilmente per non essere divise dai rispettivi mariti.


E a proposito della vicenda Alan Kurdi (e non solo), questo il parere di Vittorio Alessandro ex contrammiraglio del Corpo delle capitanerie di porto della Guardia costiera:

«Come tutte le regole della vita di bordo, le leggi del soccorso in mare sono ispirate alla effettività.Le norme internazionali usano espressioni quali: "servizio adeguato ed effettivo", "organizzazioni praticabili e necessarie", "quanto più velocemente possibile", "indipendentemente dalle circostanze".

La nave Alan Kurdi aveva cercato in mare, per tutta una notte, cinquanta persone di cui nessuno aveva accolto la richiesta di soccorso: la Guardia Costiera italiana, trasferendo la competenza a quella libica, e quest'ultima - incapace e compromessa - non intervenendo, e ora accusa l'Italia.

Quelle cinquanta persone purtroppo nessuno le cerca più: i naufraghi soccorsi dalla Alan Kurdi sono altri, a dimostrazione della falsità di chi afferma che dalla Libia non parta più nessuno e che il Mediterraneo sia sicuro.

La Alan Kurdi è ora senza porto: situazione che, per qualunque nave e qualunque marinaio, suona come una bestemmia.

La regola ora esclamata dall'Italia è che debba essere lo Stato di bandiera a indicare un porto sicuro: non così, però, qualche giorno fa, quando la italiana Mare Ionio fu intercettata e intimidita dalla Guardia di Finanza, e neanche con la nave Diciotti, lasciata per giorni senza scalo.

Le uniche regole del soccorso sono, in realtà, la rapidità e l'efficacia delle operazioni di salvataggio. La regola è che se una organizzazione SAR non interviene e non possiede porti sicuri, quella organizzazione semplicemente non esiste. La SAR libica non esiste, cara Guardia Costiera italiana, è una corrotta finzione diplomatica al servizio delle peggiori ipocrisie dell'Europa.

Ogni limite ha una pazienza, diceva Totò, ma è davvero saltato ogni limite».


Nel pomeriggio di venerdì la Alan Kurdi continua a navigare al limite delle acque territoriali italiane a circa 15 miglia a sud di Lampedusa.