Nella storia dell’umanità sono sempre stati i “diversi” a provocare i cambiamenti più importanti. Coloro che vedono le cose in modo diverso dagli altri; coloro a cui viene in mente di far cose diverse, o farle diversamente. Quelle persone che rifiutano di conformarsi al “così si fa”, “così fanno tutti”.
Solomon Asch nel 1956, con il suo famoso esperimento di psicologia sociale, dimostrò come molto forte sia invece la tendenza ad adeguarsi al modo di vedere o agire del gruppo di appartenenza, pur in contrasto con la evidenza di ciò che il singolo pensa e vede.
Ad un gruppo di persone furono mostrate le immagini di alcuni segmenti e dovevano dire quale fosse quello uguale al segmento di riferimento. La risposta era in ogni caso evidente solo che tutti i partecipanti erano stati informati dell'esperimento ed erano d'accordo nel dare la risposta sbagliata meno uno, che era ignaro.
Ripetuto più volte con gruppi diversi l'esito fu costante. Il partecipante ignaro nell'ottanta per cento dei casi finiva per uniformarsi alla risposta sbagliata, pur contro ciò che chiaramente vedeva.
Varie le motivazioni che spingono a questi comportamenti; motivazioni che però tutte contribuiscono a frenare quel cambiamento che oggi più che mai andrebbe alimentato invece che frenato.
Quelle voci dissidenti che andrebbero non solo ascoltate ma persino incentivate a farsi avanti, a mostrarsi anche quando fossero in errore, proprio perché con la velocità con cui cambiano situazioni e contesti non si può fare a meno, nella società come in azienda, del vitale contributo di tutte le intelligenze.
E questo investe in modo particolare quelle aziende, sempre più numerose, che si accingono a modificare la propria struttura organizzativa da verticistica a orizzontale, dove è proprio stimolando la capacità innovativa e la creatività dei singoli, tutti e a qualunque livello, che il processo di cambiamento trova spinta e alimento.