Il processo di depurazione e scarico delle acque reflue di origine domestica, industriale e urbana, sono disciplinate in Italia dal decreto legislativo n.152 del 3 aprile 2006, Norme in materia ambientale: di fondamentale importanza l’articolo 144 sulla salvaguardia e il risparmio delle risorse idriche, che mette in risalto la necessità di razionalizzare l’acqua al fine di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo della stessa.

A ribadire questo concetto è inoltre il decreto legislativo n. 185 del 12 giugno 2003, Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo e lo scarico delle acque reflue: almeno per gli usi che non richiedono acqua di elevata qualità, come agricoltura e industria, vi è un notevole vantaggio economico nel riciclare l’acqua di scarico dei depuratori, nel settore irriguo (aree destinate al verde, alberi, piante, ecc..), in quello civile (lavaggio delle strade, alimentazione dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento, ecc..) e industriale (acqua  antincendio, di processo, di lavaggio dei cicli termici industriali, ecc..), stabilendo anche dei parametri di qualità della risorsa stessa all’uscita dell’impianto.

Un beneficio, quello dello scarico delle acque reflue, che potrebbe apportare un notevole contributo alla salvaguardia ambientale. Potrebbe, appunto. In alcune Province italiane, sensibili a fenomeni di siccità e a processi di desertificazione, con progressiva riduzione della capacità produttiva del suolo, si stima che, con lo scarico e il recupero delle acque reflue, si potrebbero irrigare centinaia di migliaia di ettari di terreno, arginando il fenomeno di impoverimento della falda acquifera e la sua contaminazione dovuta all’utilizzo di sali, pesticidi a altre sostanze tossiche in agricoltura, oltre allo sfruttamento indiscriminato dei pozzi (tenuto conto che la maggior parte del consumo di acqua si concentra nel settore agricolo, con il 73,5% sul totale).

In realtà, l’etica dominante è stata, sino a pochi anni fa, quella di liberarsi immediatamente delle acque reflue, provocando altri effetti collaterali dovuti al riversamento in mare o in altri siti, di  liquidi non sempre raffinati a dovere, complice la cattiva manutenzione degli impianti e la scarsità dei controlli sull’origine del materiale da depurare (ad esempio i reflui industriali che richiedono un altro tipo di intervento). La tendenza si sta comunque orientando a disciplinare il trattamento di un bene così grandioso come l’acqua, con l’incentivazione all’acquisto di impianti per la depurazione e lo scarico delle acque reflue, anche a livello domestico.