Dopo il fallimento del piano iniziale sui centri per migranti in Albania, il governo guidato da Giorgia Meloni non sembra intenzionato a fare passi indietro. Nonostante il progetto abbia incontrato numerosi ostacoli – tra cui le ripetute bocciature dei giudici italiani che hanno respinto per tre volte di fila i trattenimenti dall’altra parte dell’Adriatico – il governo è al lavoro su un nuovo decreto per rilanciare le strutture di Gjader e Shengjin.

La strategia in preparazione prevede la trasformazione di questi centri in Cpr, ovvero centri per i rimpatri, destinati ai migranti irregolari che hanno già ricevuto un decreto di espulsione dall’Italia.

L’attuale accordo tra Roma e Tirana stabilisce che il centro di Shengjin sia utilizzato come hotspot per le procedure di ingresso e prima accoglienza dei migranti salvati nel Mediterraneo dalla Marina italiana, mentre Gjader ospita una struttura dedicata al trattenimento e alla verifica dei requisiti dei richiedenti asilo, oltre a un piccolo centro per i rimpatri. Tuttavia, le numerose bocciature dei giudici italiani hanno reso impraticabile il piano iniziale, portando il governo a riconsiderare il progetto.

Il nuovo decreto, definito da alcuni come un “decreto bis sull’Albania”, avrebbe l’obiettivo di superare le resistenze giuridiche che hanno finora impedito il trattenimento dei migranti in territorio albanese. Trasformando i centri in Cpr, il governo eliminerebbe la necessità di ulteriori pronunciamenti da parte della magistratura, accelerando così le procedure di espulsione dei migranti irregolari. Questa mossa consentirebbe a Meloni di mantenere fede agli impegni presi in tema di gestione dell’immigrazione, anche a costo di modificare la giurisdizione prevista dal trattato con l’Albania.

L’operazione, tuttavia, non è esente da rischi. Innanzitutto, resta da vedere quale sarà la reazione delle autorità albanesi di fronte a una modifica unilaterale dell’accordo. Inoltre, la decisione di bypassare la giurisdizione italiana potrebbe sollevare ulteriori contestazioni giuridiche e politiche, sia a livello nazionale che europeo. La Corte di giustizia europea, infatti, è attesa a breve per esprimersi sulla lista dei Paesi ritenuti sicuri, un pronunciamento che potrebbe influenzare l’attuazione del nuovo piano.

In un contesto già segnato da tensioni e polemiche sulla gestione dell’immigrazione, la determinazione del governo Meloni nel portare avanti il progetto albanese conferma la volontà dell’Esecutivo di non arretrare sul tema dei rimpatri. Resta da vedere se il nuovo decreto riuscirà a superare gli ostacoli legali e politici o se incapperà in nuove battute d’arresto.