Il recente declassamento del debito sovrano degli Stati Uniti da parte di Moody's (da Aaa a Aa1) è l'ennesimo campanello d'allarme che gli investitori non possono più ignorare.
L'agenzia ha ridotto il rating citando l'insostenibile espansione del debito federale, che ha ormai raggiunto la soglia monstre di 36 trilioni di dollari. Il downgrade, l'ultimo tra quelli delle tre grandi agenzie dopo Fitch e S&P, ha innescato un'ondata di inquietudine nei mercati e riacceso i timori di una crisi del debito a stelle e strisce.
Non si tratta solo di un cambio formale di valutazione: il downgrade potrebbe alimentare la pressione da parte dei cosiddetti bond vigilantes, gli investitori che penalizzano la spesa pubblica fuori controllo facendo impennare i rendimenti dei titoli di Stato. L'effetto? Finanziamenti più costosi, sia per lo Stato che per il settore privato.
Carol Schleif di BMO Private Wealth non ha dubbi: "Il mercato obbligazionario sta osservando attentamente cosa succede a Washington. Questo declassamento spingerà gli investitori a essere più guardinghi".
La situazione è resa ancora più instabile dal dibattito in corso sul cosiddetto Big Beautiful Bill, una maxi-manovra che comprende tagli fiscali, aumenti della spesa e riduzione delle reti di sicurezza sociale. Il problema? La legge rischia di gonfiare ulteriormente il debito invece di ridurlo. Secondo il Comitato per un Bilancio Federale Responsabile, un think tank apartitico, il disegno di legge potrebbe aggiungere tra i 3,3 e i 5,2 trilioni di dollari al debito pubblico entro il 2034. Un'enormità. E Moody's non vede margini di miglioramento: "Le proposte fiscali attuali non porteranno a una riduzione sostanziale dei deficit", ha dichiarato l'agenzia.
Intanto i segnali di allarme nei mercati si moltiplicano. Il premio a termine sui Treasury decennali – il rendimento aggiuntivo che gli investitori richiedono per detenere titoli a lungo termine – è aumentato, riflettendo la crescente sfiducia sulla sostenibilità fiscale del Paese. Anthony Woodside di Legal & General Investment Management America ha dichiarato senza mezzi termini: "Il mercato non attribuisce molta credibilità all'ipotesi di un taglio significativo del deficit."
Dal canto suo, la Casa Bianca ha respinto le critiche, bollando il declassamento come una mossa politica. Harrison Fields, portavoce del Presidente Trump, ha persino sostenuto che "gli esperti si sbagliano, proprio come si sbagliavano sui dazi", elencando presunti successi economici dell'amministrazione. Ma i numeri raccontano un'altra storia. Il rendimento dei Treasury in scadenza ad agosto – la cosiddetta data X, in cui il governo potrebbe finire i fondi per pagare i suoi obblighi – è già più alto di quelli con scadenze adiacenti. Segno che il mercato, a differenza della politica, prende sul serio i rischi.
Il tempo stringe. Il presidente della Camera Mike Johnson vuole far approvare la legge prima del Memorial Day, mentre il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha avvertito che il tetto del debito va alzato entro metà luglio per evitare il default tecnico. Ma la verità è scomoda: gran parte della spesa pubblica è obbligatoria – pensioni, sanità, sussidi – e Trump ha già promesso di non toccarla. Dove si trovano allora i margini per tagliare?
Anche se il pacchetto fiscale dovesse passare, il miglioramento sarebbe minimo. Michael Zezas di Morgan Stanley ha affermato che un piano "politicamente sostenibile" porterebbe a deficit più ampi nel breve periodo senza stimolare realmente la crescita. In parole povere: si rischia di peggiorare la situazione. Anne Walsh di Guggenheim Partners non usa giri di parole: "Stiamo seguendo una strada insostenibile."
Moody's ha semplicemente formalizzato ciò che molti già sospettavano: gli Stati Uniti stanno danzando sull'orlo del baratro fiscale. Il mercato guarda e prende nota. Se a Washington non si svegliano in fretta, la bomba a orologeria del debito potrebbe davvero esplodere. E allora saranno dolori, per tutti.
Fonte: Reuters