"Non è possibile rilevare una singola bottiglia di plastica galleggiare in mare, ma possiamo rilevare aggregazioni di questo materiale". Così dichiarava alla BBC, nel 2019, la dott.ssa Lauren Biermann, commentando i primi esperimenti condotti dal Plymouth Marine Laboratory, definiti al tempo molto incoraggianti.

Tutto si basa sul tipo di luce riflessa dalla plastica nell'acqua. Cercando quel tipo di luce è possibile identificare i residui di plastica anche di dimensioni talmente ridotte da andare ben oltre le capacità di identificazione offerte normalmente dai satelliti.

Oggi, i risultati prodotti dai primi esperimenti fatti utilizzando il satellite Sentinel-2 del programma Copernicus, gestito da Commissione europea e Agenzia spaziale europea (Esa), dimostrano che è possibile identificare frammenti di plastica più grandi di 5 millimetri che si aggregano fra le onde, distinguendoli da altri elementi naturali come alghe o legni con un'accuratezza dell'86%.

La tecnica di rilevamento, che fa ricorso all'Intelligenza artificiale, si basa sull'analisi delle lunghezze d'onda della luce visibile e infrarossa che i detriti di plastica assorbono e riflettono.

L'algoritmo è stato in grado di distinguere le "macroplastiche" da altri elementi naturali con un'accuratezza dell'86%.

Lo studio è finalizzato a migliorare il monitoraggio sulla presenza della plastica nei mari, usando sia le immagini ad alta risoluzione dei satelliti che quelle riprese dai droni.