L'attività delle squadre di soccorso in Turchia - in Siria praticamente non sono presenti - sta diminuendo, mentre aumenta l'attività degli addetti allo sgombero di macerie e detriti.

Dopo quasi una settimana dalle due scosse di terremoto che hanno devastato il centro-sud della Turchia e il nord-ovest della Siria, le speranze di trovare qualcuno in vita stanno ormai svanendo. Il bilancio complessivo dei morti ha superato abbondantemente il numero di 25mila.

In Turchia Erdogan, che a primavera dovrà affrontare le elezioni per la riconferma all'incarico di presidente, ha promesso che la ricostruzione inizierà a breve, entro poche settimane.

In Siria, soprattutto nelle aree in mano agli oppositori di Assad, non solo non si parla di ricostruzione, ma è già un problema nel seppellire i morti, con i sopravvissuti che rischiano la vita per possibili epidemie e, addirittura, per mancanza di cure. Anche una semplice ferita potrebbe essere fatale, perché mancano ospedali, medici e farmaci.

Martin Griffiths,  sottosegretario generale per gli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi di emergenza presso le Nazioni Unite, ha descritto il terremoto come "la peggiore catastrofe degli ultimi 100 anni nella regione".