Questo venerdì si è svolta a Parigi la Conferenza sulla Libia, preceduta da un incontro bilaterale in mattinata tra il premier e l'omologo del Governo libico di Unità Nazionale, Abdel Hamid Dabaiba, avvenuto presso l'Ambasciata d'Italia a Parigi alla presenza dei Ministri degli Affari Esteri di entrambi i Paesi.
Dopo il bilaterale con la Libia, Draghi ha incontrato a tu per tu all'Eliseo anche il presidente francese Emmanuel Macron. Il vertice sulla Libia si è tenuto nel pomeriggio presso la Maison de la Chimie, non lontano dalla Tour Eiffel.
Nella conferenza stampa al termine dell'evento Macron ha dichiarato che esiste un'azione europea perfettamente allineata e coordinata sulla Libia, auspicando che le prossime elezioni in quel Paese siano libere, imparziali e trasparenti. Macron ha poi fatto sapere che nei prossimi giorni parlerà con Putin per favorire il ritiro dei mercenari russi e turchi dalla Libia:"Posso dire che anche su questo tema - ha detto Macron - abbiamo la stessa visione con l'Italia e condividiamo lo stesso obiettivo che è la sicurezza dell'Europa".
E Draghi? Il presidente del Consiglio ha confermato l'impegno della comunità internazionale per la pace e la stabilità di una Libia "pienamente sovrana, unita e democratica", a seguito delle elezioni presidenziali e parlamentari che si svolgeranno a fine anno, auspicando che siano libere, trasparenti e credibili, aggiungendo poi che la piena attuazione dell'accordo sul cessate il fuoco del 23 ottobre 2020 resta un obiettivo cardine:"La sostanziale assenza di conflittualità dell'ultimo anno e la riapertura della strada costiera sono traguardi importanti che non vanno vanificati".
Anche Draghi ha fatto riferimento alla necessità di avviare quanto prima il ritiro di mercenari e forze combattenti: "Il Piano d'Azione elaborato dalla Commissione militare congiunta è un importante passo avanti. Il ritiro di alcuni mercenari stranieri prima delle elezioni aiuterebbe a rafforzare la fiducia fra le parti. Dopo le elezioni sarà necessario affrontare in via prioritaria la riforma del sistema di sicurezza e il reintegro dei combattenti. L'Italia è pronta a fornire il proprio sostegno".
Naturalmente, Draghi non poteva dimenticarsi di affrontare il tema economico:"La normalizzazione della Libia passa anche per un sistema economico in grado di rispondere ai bisogni della popolazione e favorire gli investimenti esteri. Va garantita, anche attraverso un bilancio condiviso, un'equa distribuzione delle risorse in ogni parte del Paese e rafforzato il percorso di riunificazione delle istituzioni economiche e finanziarie, a partire dalla Banca Centrale".
E i migranti? Da giorni a Tripoli in 3mila manifestano davanti alla sede dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati perché qualcuno dia loro assistenza... oltre a quella non certo umanitaria fornita dalle milizie e dalla Guardia costiera libica, trafficanti di essere umani finanziati dall'Europa.
Nonostante il tema migranti siano uno dei punti centrali della questione libica, così ne ha accennato Draghi durante il suo intervento nella conferenza stampa, facendo intendere, pertanto, che durante il vertice di loro non se ne sia parlato, neppure di passaggio:"Questi sbarchi continui in Italia rendono la situazione insostenibile: l'Ue deve trovare un accordo su questo fronte. Noi stessi dobbiamo riuscire a investire di più in Libia, a spendere più denaro per creare condizioni più umane sul fronte dell'immigrazione che spesso non ha origine in Libia ma dai Paesi vicini".
Chi avesse pensato che quella di oggi fosse l'occasione anche per parlare dei migranti si sbagliava. Per loro non ci sono né garanzie, né prospettive: dovranno continuare ad essere merce di scambio, una valuta a supporto dell'economia libica e delle risorse finanziare delle milizie che hanno garantito la resistenza della Tripolitania e che di certo non avranno intenzione alcuna di scomparire anche nel caso la Libia torni ad essere una nazione unita, almeno di facciata.
Un po' di (mal)sana ipocrisia legata alle relazioni internazionali è sempre uno strumento utile come passatempo. In fondo, i leader qualcosa devono pur fare o far finta di fare per giustificare il loro incarico.