«Davide Faraone è uno dei più attivi segretari regionali del Pd. Ha organizzato e mobilitato le persone in Sicilia contro la folle politica dei porti chiusi di Salvini.
Ha fatto in questi mesi il segretario con grande entusiasmo e con determinazione.
Oggi la commissione di garanzia lo ha fatto decadere dalla carica. La sua responsabilità è di non far parte della maggioranza che attualmente governa il Pd.
È una decisione da veri Tafazzi. Zingaretti faccia ragionare i suoi».

«La vicenda siciliana del Pd non può essere chiusa con l’autosospensione di Davide Faraone. Venerdì in direzione il segretario Zingaretti dovrà spiegare per bene cosa ha spinto la commissione di garanzia ad assumere una decisione così pesante , a maggioranza. Segnalo che è la prima volta che succede.
Il segretario predica l’unità ed il superamento delle correnti, ma troppo spesso è condizionato dalla sua. Faraone deve tornare a fare il segretario regionale, le regole devono tornare ad essere rispettate. Sappia il segretario che la ferita che si è prodotta non può essere derubricata a fatto locale».


Quelle sopra riportate le dichiarazioni del caogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci, a commento della decisione da parte del Partito Democratico di cancellare la nomina di Davide Faraone a segretario regionale del partito, estromettendolo dall'incarico.

Decisione a cui Faraone, dopo un giorno di pausa e, quasi certamente, dopo aver ricevuto il via libera da Matteo Renzi, ha commentato in questi termini:

«Mentre eravamo alla commemorazione di Paolo Borsellino, è arrivata la notizia che il “nuovo Pd” commissariava il Pd siciliano, per presunti vizi di forma.
L’Italia brucia per colpa di Salvini e Di Maio, il nuovo Pd si occupa di statuto e di regolare i conti con “quelli di prima”.

In punta di diritto è una follia: la Commissione di Garanzia aveva già giudicato ricorsi sul congresso regionale. Con questa decisione il nuovo Pd cancella il principio giuridico del “Ne bis in idem” e per la prima volta le correnti si prendono anche le istituzioni di Garanzia. Hanno perso politicamente, la buttano sui ricorsi: avranno tutte le carte bollate che meritano.
Politicamente non posso pensare che l’obiettivo sia cancellare chi come me e come noi ha condiviso gli anni dei nostri Governi dal partito. Fosse così sarebbe suicida prima che miope.
Evidentemente al “nuovo Pd” danno fastidio le battaglie che io ho fatto, ultima delle quali la marcia tra Ragusa e Catania per attaccare il Governo nazionale. O la richiesta della mozione di sfiducia a Salvini contro il quale ho schierato il Pd siciliano a testa alta: io li ho sentiti con le mie orecchie gli insulti dei leghisti a Lampedusa, ci ho messo la faccia mentre altri stavano tranquilli nei loro palazzi romani. Se non lo sfiduciamo oggi, quando lo sfiduciamo un ministro del genere?

Ma il nuovo Pd non ha voglia di sfiduciare Salvini, avendo come priorità quella di sfiduciare Davide Faraone. Se non fosse una cosa seria, mi metterei a ridere.

Annullare il congresso significa annullare la democrazia. Farlo violando le regole è incredibile. Farlo in un giorno speciale per la Sicilia mentre noi siamo a commemorare Paolo Borsellino dimostra una insensibilità politica che spaventa.

Un partito che si chiama democratico non può cancellare la democrazia perché è cambiata la maggioranza: quello lasciamolo fare a Salvini o Casaleggio. Noi siamo diversi.
Eravamo diversi.

Sospendo la mia iscrizione a questo Partito. Rimango iscritto al gruppo parlamentare del Pd, continuerò la battaglia per la mia gente e contro questo governo e contro ogni inciucio coi Cinque Stelle.

Se mi hanno commissariato perché faccio troppa opposizione al Governo, si sappia che da domani ne farò ancora di più. E che forse il nuovo Pd dovrebbe occuparsi di fare opposizione a chi sostiene il Governo di Di Maio e Salvini, non a chi ha sostenuto i governi del Pd.

Io appartengo al partito democratico. Se questo partito non è più democratico e cancella i risultati dei congressi, sospendo la mia iscrizione al Pd. Ma lavoro ancora più forte contro questo Governo che fa male all’Italia. E che fa tanto male alla Sicilia ed al Mezzogiorno».


All'interno del Pd cercano di non dare peso a quanto accaduto in Sicilia, e non commentano, per ora le dichiarazioni di Faraone, ma è evidente che i "renziani" hanno deciso di dare battaglia.

Renzi, in previdenza del possibile esito negativo alle politiche, si era organizzato presentandosi al Senato insieme ad un manipolo di fidatissimi pretoriani fatti eleggere in collegi blindati per avere dei voti da poter far contare. In quell'Aula che lui voleva sciogliere, visti i numeri ridotti rispetto alla Camera, controllare venti senatori non è cosa di poco conto.

Renzi sperava di avere un seguito formando un nuovo partito. I consensi che avrebbe raccolto glielo hanno sconsigliato. Quindi, dopo aver tenuto in ostaggio il Pd per oltre un anno, evitando che si riorganizzasse fin da subito dopo la batosta elettorale, in modo da decidere che cosa fosse per lui più opportuno fare, Renzi ha scelto di rimanere nel partito in attesa di tempi migliori. Nel frattempo, dove possibile, ha cercato anche di mantenere i propri pretoriani alla guida delle strutture locali, senza guardare tanto per il sottile.

E quelle regole di cui Faraone oggi parla, che mesi fa erano state interpretate da un partito che ancora non aveva una guida ma solo un traghettatore, adesso sono tornate ad essere applicate per come dovevano esserlo fin dall'inizio... e per i renziani è un boccone amaro, amarissimo, da mandar giù e digerire.

Adesso, la questione Sicilia potrà essere l'occasione per il Partito Democratico di liberarsi della zavorra di Renzi e dei suoi traffici per continuare ad avere una visibilità politica in Italia?