Politica

Ecco il perché il Contratto per il Governo del Cambiamento non potrà funzionare

"Più del 94% degli iscritti del MoVimento 5 Stelle che hanno partecipato alla votazione ha detto sì al Contratto per il Governo del Cambiamento!
C'è stata una grande partecipazione durante tutta la giornata. Come certificato dal Notaio che ha garantito la regolarità del voto, hanno partecipato alla votazione su Rousseau 44.796 persone che ringraziamo una ad una.
42.274 hanno votato sì e 2.522 no.
Il MoVimento 5 Stelle approva il Contratto per il Governo del Cambiamento."

In attesa dell'approvazione del popolo della Lega, quello degli iscritti ai 5 Stelle ha già dato il proprio via libera al programma del prossimo governo, concordato dai tecnici delle due forze politiche, con il consenso di Salvini e Di Maio.

Al di là del comprensibile entusiasmo dei diretti interessati, ci sono però un paio di aspetti che rendono questo programma lacunoso e di difficile realizzazione.


Il primo aspetto
che salta agli occhi è il fatto che i punti che dovrebbero far da guida a chi governa lasciano lo spazio ad interpretazioni non solo non univoche, ma anche possibilmente tra loro in contraddizione.

Prendiamo ad esempio il paragrafo del punto 27 che parla della Tav in Val di Susa: "Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell'applicazione dell'accordo tra Italia e Francia."

"Ridiscutere il progetto", comunque lo si voglia interpretare, non vuol dire, per certo, che la Torino-Lione non si farà. Eppure, il capo politico di M5S Luigi Di Maio, sabato a Ivrea per presentare il contratto di governo ha dichiarato che nel documento «c’è il blocco della Tav in Val di Susa. Un’opera inutile, poteva servire 30 anni fa, ma oggi non serve più.»

Già con questo piccolo esempio, si può facilmente immaginare quanti possano essere i punti di disaccordo in un documento di 58 pagine.


Il secondo aspetto è relativo ai contenuti. Lasciando da parte il resto del programma, è sufficiente prendere in esame i due punti più importanti: reddito di cittadinanza e flat tax.


Partiamo dal reddito di cittadinanza. Va detto che garantire un reddito a chi non ne ha è una misura giusta che, oltretutto, può portare benefici e risparmi anche a tutta l'economia del Paese.

Partiamo da un dato concreto fornito dal Partito Democratico. Secondo il Pd, aver dato 80 euro in più ogni mese ad un certo numero di lavoratori italiani ha garantito un aumento del Pil con un impatto positivo sull'economia. Quindi, partendo da questo presupposto, dare uno stipendio, anche se non enorme, ad una platea di persone che prima non avevano la capacità di spendere, è evidente che tutto questo potrà avere un forte impatto sui consumi e, di conseguenza sul Pil. Inoltre, migliorando il welfare delle persone, migliorerà anche la qualità della vita e, di conseguenza, diminuirà la spesa sanitaria e quella legata alla sicurezza, perché si ridurrà drasticamente la criminalità.

E qual è allora il problema nel reddito di cittadinanza? Nessuno. Il problema è nel contratto di governo che
- non cita il costo annuale del reddito di cittadinanza,
- non cita l'impatto sul Pil, 
- non cita, e così neppure quantifica, il possibile impatto sulla riduzione di spesa nei conti pubblici,
- non cita i possibili problemi, e pertanto neppure le relative soluzioni, che potrebbe causare nel mondo del lavoro.

Un piccolo esempio. Adesso ci sono persone che sono "costrette" a lavorare per 600 euro al mese. Perché dovrebbero continuare a farlo se stando a casa senza far nulla ne guadagneranno 780?

Per l'amor del cielo... è giusto che si modifichi l'attuale situazione di sfruttamento, ma se non si prendono in esame i vari aspetti legati ad una riforma, tutti, prima che questa possa essere messa in atto, è difficile che la riforma possa essere attuata nel modo migliore e possa avere lunga vita.


Per quanto riguarda la flat tax, il discorso è diverso. Nessuno vuole pagare più tasse. Tutti vogliono pagare meno tasse. Fin qui è difficile fare delle obiezioni. Però, come ci dovrebbe ricordare un noto proverbio, è impossibile avere la botte piena e la moglie ubriaca... almeno utilizzando il proprio vino e non facendo ricorso a quello di altri!

Quindi, se l'Italia vuole mantenere l'attuale stato sociale, peraltro secondo molti già critico, come può rinunciare, di colpo, a metà delle entrate garantite dall'attuale tassazione?

Chi supporta la flat tax dirà che i benefici che porterà nelle tasche della gente e delle imprese compenseranno le minori entrate. E chi lo garantisce? Non è dato sapere, perché nel contratto non è scritto. Numeri non ne sono indicati.

È logico che pagare meno può portare benefici all'economia, ma se non si quantificano neppure in termini ipotetici tali benefici in rapporto alla diminuzione certa delle entrate, come è possibile sapere se i conti potranno tornare ugualmente? Inoltre, nel contratto non è neppure indicato in quanto tempo dovrebbero poi essere registrati i benefici della flat tax: mesi, anni, decenni? Nessuno lo ha scritto, nessuno ha mostrato grafici e proiezioni!

Ma se già questo è sufficiente a mettere in dubbio la validità della flat tax, che dire delle esperienze del passato? Negli Stati Uniti degli anni '80, Reagan mise in atto un provvedimento simile, ma non funzionò, tanto che negli anni successivi dei suoi due mandati l'aliquota venne sempre aumentata ogni anno, per arginare l'aumento del deficit pubblico. E negli Usa la spesa sociale in quegli anni era ridotta ai minimi termini, in ogni caso niente di paragonabile a quella italiana.

Non solo. Gli Stati Uniti potevano permettersi di aumentare il debito pubblico, di stampare tuuta la valuta di cui avessero bisogno e di decidere autonomamente la propria politica finanziaria.

Oggi, invece, l'Italia non può aumentare il proprio deficit pubblico che già allegramente aumenta anche adesso, non può stampare valuta, non può decidere la propria politica finanziaria al di fuori delle regole imposte dalla Commissione europea. Sinceramente, già prima di chiedersi come quantificare i benefici della flat tax, è necessario chiedersi come sia realizzabile, viste le premesse.


I dubbi sopra riportati non hanno niente di ideologico, non vi è alcun preconcetto in merito al programma di 5 Stelle e Lega ed alla sua applicazione. Sono semplici considerazioni che tutti possono fare e prima di tutto coloro che hanno redatto il Contratto del Governo del Cambiamento avrebbero dovuto fare. Ma così non è stato.

Come possiamo sperare, con queste premesse, che tale programma possa essere applicabile e che possa portare dei benefici reali?

Autore Rino Mauri
Categoria Politica
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