Scorrendo i profili social della Lega e di Matteo Salvini non si troverà alcuna informazione e, pertanto, alcuna relativa spiegazione in merito al ri-sequestro dei conti della Lega chiesto dai magistrati di Genova per recuperare 49 milioni di euro.

La vicenda riguarda la truffa allo Stato relativa a rimborsi elettorali non dovuti per la quale è stato condannato in primo grado l'ex segretario dell'allora Lega Nord Umberto Bossi, insieme all'allora tesoriere Francesco Belsito.

Il sequestro di 49 milioni, ordinato in precedenza, era stato annullato in seguito al ricorso presentato da Matteo Salvini. Martedì la Cassazione, stavolta in base al ricorso presentato dal PM di Genova, ha ribadito la liceità del sequestro dei beni già decretata lo scorso 4 settembre, senza necessità di un nuovo provvedimento per eventuali somme trovate su conti, anche in momenti successivi al decreto.

I dirigenti della Lega, a partire dall'attuale tesoriere Centemero, l'hanno buttata subito in politica: «Forse l'efficacia dell'azione di governo della Lega dà fastidio a qualcuno, ma non ci fermeranno certo così.

Consci della totale trasparenza e onestà con cui abbiamo gestito il movimento con bilanci da anni certificati da società esterne, e non avendo conti segreti all'estero ma solo poche lire in cassa visti i sequestri già effettuati, sarà nostra premura portare in monetine da 10 centesimi al tribunale di Genova tutto quello che abbiamo raccolto come offerte da pensionati, studenti e operai durante il raduno di Pontida.»

Molto più pragmatico, l'attuale segretario, nonché vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini, che al programma "In onda" su La7, ha dichiarato: «Quei 49 milioni di euro non ci sono. Posso fare una colletta, ma è un processo politico che riguarda fatti di 10 anni fa su soldi che io non ho mai visto.»

È vero. Salvini quei soldi non li ha mai visti e, certamente, non è neppure responsabile del fatto che quei soldi siano finiti illecitamente nelle casse della Lega. Ma, come si dice in casi analoghi, c'è un però e forse più di uno.

La prima obiezione che si può fare a Salvini è perché non si sia costituito parte civile nel processo contro Bossi e Belsito. In fondo, sono loro ad aver danneggiato l'immagine della Lega e loro a doverne pagare le conseguenze, sottolineando, in tal modo, la discontinuità con la precedente gestione del partito. Ma il segretario Salvini non ha ritenuto opportuno farlo. Altre forze politiche, in casi simili - vedi la Margherita - lo hanno fatto.

La seconda obiezione è perché prendersela con i magistrati di Genova. In fondo, non fanno altro che applicare ciò che dice loro la legge.

Già, la stessa legge cui lo stesso Salvini si appella ogni giorno dai suoi profili social per il rispetto della legalità nel Paese. In quel caso, però, la legge deve essere applicata contro i rom e gli extracomunitari responsabili di fatti di cronaca che, giornalmente, ci vengono elencati e ricordati da Salvini su Facebook, Twitter, Instagram...

In relazione all'inosservanza delle regole da parte di rom ed extracomunitari, Salvini ne auspica o ne annuncia a breve il ripristino. Lui, ci assicura, ridarà di nuovo al Paese ordine e regole che, dice sempre lui, finora erano mancate.

Ma perché tali regole debbono valere solo per alcune categorie di persone? Perché Salvini ritiene che il rispetto delle regole, nel caso riguardi la Lega, non sia più necessario o indispensabile? Perché la magistratura deve intervenire, giustamente, se un rom o un extracomunitario commette un crimine, mentre non dovrebbe farlo nel caso il crimine sia stato commesso dalla Lega?

Un quesito cui Salvini non ha ancora risposto.