Adesso anche i boss mafiosi defunti lasciano testimonianze scritte per fornire la loro versione dei fatti. Chi ha l’occasione di avere per le mani una tale opportunità la sfrutta scrivendoci l’ennesimo libro “rivelatorio”. Questo dimostra che non si vuole cambiare atteggiamento mentale su un gravissimo fenomeno criminale perché lo si vuole sostanzialmente considerare ancora al di fuori dello stato di diritto, delle istituzioni e della cultura dominante

Stranamente, e da un certo punto di vista,  posso parlarne per  mia esperienza personale e ancor avvalendomi dell’esperienza di coloro che nel passato hanno trattrato professionalmente e con  molta chiarezza questo terrificante fenomeno. Tutti i giornalisti d’inchiesta che hanno evidenziato pubblicamente i reali connotati di questa realtà sono stati eliminati fisicamente, prendiamo uno per tutti: Giuseppe Fava che venne “freddato” il 5 gennaio 1984, una settimana dopo l’intervista rilasciata il 28 dicembre 1983 a Enzo Biagi durante una trasmissione in onda su di una emittente svizzera. 

Vi sono dei tratti che voglio riportare fedelmente perché li reputo estremamente significativi e fedeli alla realtà che stiamo vivendo. È, a mio avviso, un’analisi lucida e veritiera del fenomeno mafioso presente nel nostro Paese e soprattutto offriva una spietata visione in prospettiva di ciò che sarebbe accaduto a tutti noi.


Biagi: “Fava, nei tuoi racconti sulla mafia a che cosa ti sei ispirato?

Biagi mi ispiro alle mie esperienze giornalistiche. Si sta facendo un’enorme confusione sul problema della mafia. Ti faccio un esempio: i fratelli Greco, accusati dell’omicidio del giudice Chinnici sono degli scassapagghiari, delinquenti da tre soldi. I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Se non si chiarisce questo equivoco di fondo…, cioè non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale. Questa è roba da piccola criminalità che credo faccia parte ormai, abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il problema della mafia è molto più tragico e più importante, è un problema di vertice della gestione della nazione ed è un problema che rischia di portare alla rovina, al decadimento culturale definitivo l’Italia. 


Biagi: “È vero che la realtà spesso supera la fantasia?”

Sì anche perché dalle mie esperienze personali mi sono trovato quasi sempre di fronte a fatti, fenomeni, personaggi che io non avrei osato a volte nemmeno immaginare. Se tu vuoi io posso citare…. 


Biagi: “Tu hai fatto una conoscenza diretta del mondo della mafia come giornalista?”

Sì, ho conosciuto diversi personaggi dell’una e dell’altra parte attraverso quelle che erano le cronache, le inchieste, le indagini che andavamo conducendo e che puntualmente abbiamo riferito sui nostri giornali. 

(…) ho avuto (con molta ironia lo dico) l’onore di essere stato l’unico ad intervistare Genco Russo, ad avere da lui un memoriale da lui firmato che iniziava con:” Io sono Genco Russo, il re della mafia”. 

Genco Russo era un uomo che governava il territorio di Mussomeli dove, da vent’anni, non c’era non dico un omicidio ma uno schiaffo. Non c’era un furto, dove tutto procedeva nell’ordine, nella legalità più assoluta. Era la vecchia mafia agricola, la quale governava un territorio ed aveva una forza straordinaria che il mondo di allora non poteva ignorare, governava 15, 20 mila, 30 mila, 40 mila voti di preferenza di una parte della provincia. 

 (…) Nessun uomo politico poteva ignorare questa potenza determinante perché bastava che Genco Russo spostasse non da un partito all’altro, ma anche all’interno dello stesso partito quella massa di voti per determinare la fortuna o l’infelicità di un uomo politico. Ecco perché poteva andare alla Regione siciliana e spalancare con un calcio la porta degli assessori: perché lui era il padrone. Poi dopo la società corse avanti, si modificò tutto ed i mafiosi non furono più quelli come Genco Russo. 

I mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono gli esecutori, anche al massimo livello. Si fanno i nomi (non lo so, io non li conosco personalmente) dei fratelli Greco. Si dice che siano i mafiosi vincenti a Palermo, i padroni della mafia, i governatori della mafia, i viceré della mafia. Non è vero: sono anche loro degli esecutori. Sono nella organizzazione, stanno al posto loro e fanno quello che gli altri…non lo so, io adesso parlo di persone che sono incensurate, quindi presumo secondo l’accusa. “

“Esistono attualmente al mondo circa 100 milioni di drogati. La cifra è molto più alta, ma ufficialmente sono quelli. Un milione dei quali muoiono ogni anno per overdose. Dieci milioni restano definitivamente inabili a qualsiasi attività umana. Gli altri 90 milioni che restano vengono continuamente aumentati di numero eccetera. Si presume che consumino questi cento milioni di persone (che vivono soltanto nel mondo occidentale) dalle 15 alle 20 mila lire di droga al giorno. 

Secondo calcoli piuttosto banali, piuttosto facili (basterebbe una macchinetta) si tratterrebbe di qualcosa come 100 mila miliardi l’anno, i quali vengono manovrati quasi esclusivamente dalla mafia. Ora io mi sono posto questa domanda che credo si sia posta qualsiasi persona costretta per motivi professionali o per passione politica oppure per pura umanità ad interessarsi del problema. Un’organizzazione che riesce a manovrare centomila miliardi l’anno, più, se non erro, del bilancio di un anno dello Stato italiano, in condizione di armare degli eserciti, in condizione di possedere delle flotte, di avere una aviazione propria. In effetti sta accadendo che la mafia si sia ormai pressoché impadronita, almeno nel medio oriente, del commercio delle armi, del mercato delle armi. 

Ecco gli americani contano in questo. Però neanche loro avrebbero cittadinanza in Italia come mafiosi se non ci fosse il potere politico e finanziario che consente loro di esistere. Diciamo che di questi centomila miliardi, un terzo, un quinto resta in Italia e bisogna pure impiegarlo in qualche modo, bisogna riciclarlo, ripulirlo, reinvestirlo. E allora ecco le banche, le banche nuove, questo pullulare, questo proliferare di banche nuove dovunque che servono per riciclare. 

Il Generale Dalla Chiesa lo aveva capito, questa era stata la sua grande intuizione, quella che lo portò alla morte. Era dentro le banche che bisognava frugare perché lì c’erano decine di migliaia di miliardi insanguinati che venivano immessi dentro le banche e ne fuoriuscivano per andare verso opere pubbliche. Ritengo che molte chiese siano state costruite con appalti avuti da denari mafiosi insanguinati.” 

(….) L’uomo politico non cerca attraverso la mafia soltanto il potere, cerca anche la sua ricchezza personale, perché dalla ricchezza personale deriva potere e deriva la possibilità di avere sempre quei 150 mila, 200 mila voti di preferenza. Perché purtroppo la struttura della nostra civiltà politica è questa. Chi non ha soldi 150 mila voti di preferenza non riuscirà ad averli mai. 

Una volta si diceva che la forza dei mafiosi era la capacità di tacere. E adesso? Io sono d’accordo con Nando Dalla Chiesa: la mafia ha acquistato una tale impunità da essere diventata perfino tracotante. Le parentele si fanno ufficialmente. Sì certo, si cerca di tirar fuori le mani, di tenerle in alto quando c’è qualcuno che sta per essere ammazzato, l’alibi personale, l’alibi morale. Ma non credo ci sia questa paura, questa necessità di far silenzio. Io ho visto molti funerali di Stato. Ora dico una cosa di cui solo io sono convinto, quindi può non essere vera: ma molto spesso gli assassini erano sul palco delle autorità.” 


Biagi: “Cosa vuol dire essere” protetti” secondo il linguaggio dei mafiosi?”

Essere “protetti” significa poter vivere dentro questa società. Ho letto un’intervista esemplare nei giorni scorsi a quel signore di Torino che ha corrotto tutto l’ambiente politico torinese. Diceva una cosa fondamentale. È una legge mafiosa che è stata esportata, è venuta su dalla Sicilia, fa parte ormai della cultura nazionale: non si fa niente in Italia se non c’è l’assenso del politico e se il politico non è pagato. Ecco noi viviamo in questo tipo di società e in questo tipo di società la protezione è indispensabile se qualcuno non vuol condurre la vita da lupo solitario. Che può essere anche una scelta, può essere anche affascinante, essere soli nella vita e non avere né aderenze né protezione da alcuna parte, orgogliosamente soli fino all’ultimo. Questa può essere una scelta, ma 60 milioni di italiani non potranno farlo. 


Biagi: “Non hanno questa vocazione alla solitudine. Secondo voi cosa bisognerebbe fare per eliminare questo fenomeno?”

Tu fai una piccola domanda che avrebbe bisogno di una enciclopedia. Posso dirti soltanto che a mio parere tutto parte da una assenza dello Stato e dal fallimento della società politica italiana. Bisogna ricominciare da lì. Forse è necessario creare una seconda Repubblica in Italia. È tempo di creare una seconda Repubblica che abbia delle leggi e una struttura di democrazia che eliminino il pericolo che il politico possa diventare succube di sé stesso o della sua avidità o della ferocia degli altri o della paura o comunque in ogni caso che possa essere soltanto un professionista della politica. Tutto nasce da lì, dal fallimento della politica e degli uomini politici, della nostra struttura politica e forse della nostra democrazia così come noi l’abbiamo in buona fede appassionatamente costruita e che ci si sta sgretolando fra le mani. Dovremmo ricominciare da lì.