La Russia aveva fissato al 31 marzo l'ultimatum ai cosiddetti Paesi ostili per il pagamento in rubli del gas naturale che dalla Russia arriva in Europa tramite i gasdotti. Ma la deadline è passata e al momento nulla  è cambiato.

Quella che sembra una marcia indietro è stata spiegata ufficialmente come dovuta a motivi tecnici, ma in realtà a Putin hanno fatto capire che la sua idea era un salto del vuoto che avrebbe potuto creare grossi danni anche a Mosca, che su quel denaro  - viste le sanzioni - conta e non poco.

Lo scorso 23 marzo, il presidente russo aveva annunciato agli europei che il pagamento del suo gas russo doveva essere regolato in rubli, cercando così di risollevare la moneta nazionale. Il rublo infatti era crollato di oltre il 40% dall'inizio della guerra e continua ad essere sotto pressione. Niente rubli, niente gas era ciò che aveva paventato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.

Nessun Paese europeo ha però ceduto alla sua minaccia che avrebbe creato un grosso danno a Gazprom. Infatti, bloccare l'estrazione non è tecnicamente possibile, perché provocherebbe un danno ai giacimenti. L'alternativa sarebbe stata di estrarre comunque il gas, per poi bruciarlo subito dopo. In pratica mandando in fumo la risorsa economica più grande della Russia.

Adesso non rimane che attendere per vedere se e quando i ”problemi tecnici" si risolveranno e se la minaccia di Mosca diventerà di nuovo d'attualità.