"Decidere di non votare il decreto Aiuti, come ha affermato il capogruppo M5S Davide Crippa in Aula alla Camera, significa essere già automaticamente fuori dal perimetro del governo Draghi. E, dato ancora più grave e devastante, mettere in enorme difficoltà il Paese e chi in questo momento ha più bisogno di sostegno e tutele. È questo il ricatto a cui Conte e M5S stanno esponendo il Governo, le forze politiche di maggioranza, il Parlamento, il Paese. Ogni tentativo di accampare scuse prendendo a pretesto il tema del superbonus o la realizzazione del termovalorizzatore per fronteggiare un'emergenza che a Roma è sotto gli occhi di tutti e che colpevolmente sinora non è stata affrontata adeguatamente, è miserabile e patetico. La verità è un'altra: mentre scelgono di abdicare alla responsabilità sui provvedimenti, giocando contro il Paese, le imprese, le famiglie, Conte e i 5Stelle lavorano senza sosta a moltiplicare gli incidenti di percorso per ottenere maggiore visibilità e un rimpasto che garantisca ulteriori ruoli di governo. Non approvare il decreto Aiuti equivale ad annullare tutto quanto è stato previsto a sostegno delle famiglie e del sistema produttivo. Una responsabilità enorme che oggi Conte e i Cinque stelle scelgono di non assumere per un unico obiettivo: le postazioni di potere".
Così la prorompente Teresa Bellanova - viceministra Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, oltre che presidente e senatrice di Italia Viva - ha commentato la non partecipazione al voto dei 5 Stelle per il via libera della Camera al dl Aiuti, comunque approvato dall'aula di Montecitorio con 266 voti a favore e 47 contrari e che già da domani sarà in discussione al Senato, visto che scade entro questa settimana.
Sui 104 parlamentari pentastellati rimasti con Conte (escluso Roberto Fico) sono stati 85 coloro che non hanno partecipato al voto, seguendo l'indicazione data dal partito (altri 18 erano in missione). Non hanno fatto però clamore, secondo i tabulati, i 41 assenti non giustificati della Lega, i 28 di Forza Italia, i 16 del Pd e gli 11 di Italia viva.
E a proposito di Italia Viva e di quanto dichiarato dalla ministra Bellanova, perché per i 5 Stelle dovrebbe valere ciò che invece non vale per il partito personale di Matteo Renzi? Lo scorso 16 giugno, nell'aula di Palazzo Madama, infatti, il senatore di Rignano sull'Arno prese la parola per annunciare l'astensione del suo partito dal voto sulla riforma del CSM, definendo la legge Cartabia, alla presenza della stessa ministra, "più inutile che dannosa".
Ma evidentemente, secondo i renziani, quel che vale per Renzi non può e non deve valere per gli altri.
E che i "seguaci" di Matteo Renzi non abbiano le idee chiare lo dimostrano anche le dichiarazioni odierne di Ettore Rosato:
"La Repubblica Italiana è fondata sul lavoro, che è un diritto, ma anche un dovere, perché ognuno di noi è chiamato a portare il proprio contributo per la crescita del nostro Paese. Per questo la vera sfida oggi è combattere la disoccupazione e il lavoro sommerso, ma anche promuovere la stabilità e garantire retribuzioni adeguate. Ne ho parlato alla presentazione del rapporto annuale sulla attività dell’INPS che si è tenuta questa mattina alla Camera dei deputati, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un appuntamento importante per comprendere i cambiamenti che avvengono nel mondo del lavoro e riflettere sullo stato attuale del sistema di welfare".
Una dichiarazione curiosa da parte di uno che, insieme al suo "leader", ha contribuito a precarizzare il lavoro con una controriforma assurda a partire dal nome: Jobs Act.
Non solo. Oltre a non darsi da fare per garantire un salario minimo, i renziani, per bocca dell'ipertrofico Luciano Nobili pretendono di cancellare il reddito di cittadinanza che, secondo loro, avrebbe dimostrato di non funzionare, quando solo pochi giorni fa l'Istat ha dichiarato che quel provvedimento ha aiutato oltre un milione di persone che altrimenti sarebbero state in gravissime difficoltà.
Non solo. I dati del Rapporto annuale Inps, di cui pure Ettore Rosato dovrebbe aver letto qualcosa, dicono che il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese, la soglia massima del reddito di cittadinanza riconosciuta a una singola persona, con 4,3 milioni di lavoratori che percepiscono meno di 9 euro all'ora.
E invece di parlare di come approvare al più presto il salario minimo i renziani si accaniscono nel voler dimostrare la necessità di voler destinare ad altro i 7 miliardi con cui viene finanziata la misura.
Sono gli stessi che non si chiedono il perché, ogni anno, lo Stato regali alle aziende decine di miliardi di euro, pure a quelle che pagano i loro dirigenti con stipendi pari a centinaia di volte lo stipendio di un loro dipendente... ma in questo caso, i renziani non si pongono neppure il problema... probabilmente non ne sono neppure a conoscenza.