Ogni giorno, in televisione, sentiamo casi di violenze contro le donne, che alle volte i media preferiscono occultare. 'Se l'avesse uccisa, ne avremmo fatto una notizia sensazionale': questa è stata la risposta che é stata data da un giornale di Catania, quando ho chiesto ai redattori di prestare attenzione alla vicenda che giunge proprio da quella città.

Il caso di Deborah non è stato pubblicato né nella cronaca locale, né in breve sulle pagine nazionali, ma questo non lo rende meno 'sensazionale'. Inoltre, qualcuno ha parlato di questo caso e ora la società si domanda sull'identità di questo torturatore sconosciuto, e le donne vogliono anche giustizia. La mia indagine e i miei tentativi di parlare con la donna, che ha lasciato la Sicilia insieme al figlio, hanno rivelato che si trattava di un musicista di strada, un certo Alfio di 44 anni di Catania. Prima dell'inizio del processo giudiziario, che spero avvenga dopo la riabilitazione della donna, non posso divulgare ancora il resto dei dettagli. Forse, denunciandolo, avrei potuto evitare che altre vivessero con lui un’esperienza simile a quella di Deborah. Permettetemi di ricordarvi che questa donna è una sopravvissuta all’abuso domestico, un abuso fisico e mentale durato alcuni anni, fino a che non ha deciso di fuggire la Sicilia per cercare di sopravvivere.

Allora perché a volte è così difficile per le donne denunciare la violenza?

Vergogna, mancanza di coraggio, paura di non essere credute, ansia per la propria carriera. È difficile per una donna parlare di violenze subite. Chi studia questo problema da tempo sa che ci sono un gran numero di fattori limitanti. Inoltre, oggi conosciamo troppe storie su donne che hanno denunciato i loro mariti o fidanzati violenti e che successivamente sono sparite o sono state uccise in circostanze poco chiare. Alcune donne dicono anche di non averlo detto perché volevano che gli fosse risparmiato il doloroso iter delle denunce, delle pressioni che una donna subisce anche dalla famiglia per ritirarle dai processi. Ma per troppo tempo l’impunità, il silenzio e la vergogna hanno reso la violenza contro le donne "normale". Comunque vorrei dire che se una donna deve lasciare il paese per salvarsi la vita dalla violenza e dalle persecuzioni, non è normale.

Le donne come Deborah hanno bisogno di aiuto per potere cambiare vita, o solo per ribellarsi alle ingiustizie, di un supporto, di un aiuto da parte della propria famiglia o delle istituzioni, della comunità e di tutta la società! Quello è successo ad Deborah è reale, può succedere a chiunque e continuerà a succedere. È fortunata ad essere ancora viva e poter raccontare questa storia. Sarebbe potuta finire molto peggio. Deborah continua a ricordare la paura che la perseguita ancora oggi. Infatti, il dolore psicologico, così come il dolore fisico, causano ferite profonde, le cui cicatrici possono rimanere per sempre.

Spero con queste parole di infondere coraggio a chi può fare ancora in tempo a salvarsi, denunciando i persecutori.