Avvenire ha pubblicato una serie di registrazioni, già in possesso della Procura di Agrigento, che la Ong Mediterranea ha classificato come "esiti delle attività investigative condotte per difenderci dalle accuse mosse contro di noi a seguito del salvataggio in mare di 50 persone compiuto in acque internazionali a oltre 40 miglia dalle coste libiche, il 18 marzo del 2019".

La vicenda si riferisce alle 49 persone tratte in salvo dalla nave Mare Ionio, a cui il ministro dell'Interno Salvini aveva tentato di impedire l'attracco a Lampedusa. Lo stesso ministro ed altri rappresentanti del Governo, oltre ad alcuni politici, avevano dichiarato che la Mare Ionio aveva agito contravvenendo alle disposizioni relative alle attività di ricerca e soccorso, mettendo per questo a rischio la vita dei naufraghi che, alla fine, sono stati salvati proprio dalla stessa nave della Ong Mediterranea.

Che cosa ci dicono le registrazioni?

Che dopo tre ore dalla segnalazione da parte dell'aereo Moonbird - che sorvola il Mediterraneo meridionale per conto della Ong Sea-Watch - dell'avvistamento di una barca in difficoltà con 50 persone a bordo, le autorità libiche che avevano ricevuto la segnalazione, probabilmente dall'MRCC tedesco, non avevano fatto partire alcun mezzo navale per effettuare il soccorso.

Ad un responsabile dell'MRCC di Roma, un ufficiale libico aveva prima dichiarato di aver preso in carico la richiesta di soccorso, salvo subito dopo dire che non conosceva il nome delle due imbarcazioni che prima aveva detto essere partite per la missione di salvataggio, non sapeva da quale porto fossero salpate e, infine, che la missione era "in procinto" di partire!

Solo dopo ulteriori insistenze e con il tramite degli ufficiali a bordo di una nave della Marina italiana ormeggiata a Tripoli, la Guardia Costiera libica prende in carico la missione di salvataggio, facendo partire una motovedetta che non sarà in grado di effettuare alcun intervento di soccorso, perché dopo la prima segnalazione, l'imbarcazione dei migranti era finita in una zona di mare diversa, zona in cui la Mare ionio ha effettuato le operazioni di salvataggio.




"Il contenuto di queste telefonate, ha dichiarato l'Ong Mediterranea, impone a tutti una seria riflessione e apre interrogativi sul ruolo effettivamente svolto dal nostro Paese nel Mediterraneo centrale in tema di gestione della ricerca e soccorso in mare".

E questo il commento del senatore Gregorio de Falco sul contenuto delle registrazioni: «Con riguardo al dovere di indicare il posto di sbarco, è un adempimento (obbligatorio) che è stato delegato, per gli eventi connessi al fenomeno migratorio, dalla Guardia Costiera (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, affinché le Autorità di P.S. possano coordinare tempestivamente ed efficacemente l'accoglienza e l'ordine pubblico a terra, localmente.

In linea generale, è evidente che chi ha responsabilità dello specifico soccorso in mare (responsabilità di coordinamento o di diretta esecuzione in mare) deve dirigere l'unità navale nel porto più sicuro in relazione alle condizioni in essere.

La Guardia Costiera, nell'esercizio della funzione di soccorso marittimo e come delegante, ha sempre il dovere di vigilare ed eventualmente sostituirsi al delegato in caso di inerzia di quest'ultimo.

In assenza delle dovuta indicazione del POS, da parte del Dipartimento del Ministero degli Interni, il MRCC deve provvedere a fornire tale indicazione, come accadde nella vicenda della nave Diciotti, quando infine il 20 agosto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti indicò alla nave militare di entrare a Catania.»


Da aggiungere che le registrazioni provengono dall'MRCC di Roma e che il loro contenuto - non c'è altra spiegazione - è stato diffuso per mettere a conoscenza dell'opinione pubblica del caos e delle inadempienze generate dalle direttive del Governo e, in particolare, del ministro Salvini che, come dimostrano le testimonianze audio, mette a rischio la vita delle persone per pure esigenze di propaganda elettorale.

È evidente che la Guardia Costiera libica non è in grado di effettuare alcuna operazione di salvataggio e che qualcuno che in Italia è responsabile delle operazioni di soccorso non ha più lo stomaco per permettere che continui ad accadere quanto sopra descritto, per di più mentre in Libia vi è una guerra in atto.