«Shireen Abu Akleh è stata giustiziata con un colpo alla testa da cecchini israeliani mentre indossava il suo elemetto e un giubbotto antiproiettile con su la scritta PRESS.
Per quanto tempo ancora continueremo a rimanere in silenzio mentre i nostri "alleati" uccidono giornalisti per aver detto verità scomode?»

Così Susan Sarandon, su Twitter, ha commentato l'uccisione della giornalista di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, colpita ieri in volto da un proiettile che, secondo i giornalisti presenti, non poteva che esser stato sparato se non dalle forze di sicurezza israeliane.

In fondo non è una novità. Da sempre i democratici difensori del democratico Stato di Israele sono soliti uccidere i giornalisti o impedire che possano svolgere il loro lavoro. Perché stupirci?

E perché stupirci del fatto che gli israeliani chiedano un'inchiesta congiunta su quanto accaduto e non "indipendente"? E perché stupirci se il Dipartimento di Stato Usa auspichi un'inchiesta congiunta e non indipendente, affermando - pretendendo pure di essere preso sul serio - che gli israeliani hanno dimostrato in passato di avere le capacità per farlo?

Nella sua ultima e-mail alla rete, Abu Akleh ha inviato un messaggio all'ufficio di Ramallah di Al Jazeera alle 6:13 in cui ha scritto: "Le forze di occupazione assaltano Jenin e assediano una casa nel quartiere di Jabriyat. Lungo la strada ti darò notizie non appena il quadro sarà chiaro".Indossava un giubbotto con su scritto PRESS ed era in piedi con altri giornalisti quando le hanno sparato proprio sotto l'orecchio.Anche un altro giornalista di Al Jazeera, Ali al-Samoudi, è stato ferito da un proiettile alla schiena. Ora è in condizioni stabili.Sia Al-Samoudi che altri giornalisti hanno affermato che non c'erano combattenti palestinesi presenti quando sono stati colpiti, contestando direttamente una dichiarazione israeliana che incolpava dell'accaduto i palestinesi."Stavamo per filmare l'operazione dell'esercito israeliano e all'improvviso ci hanno sparato senza chiederci di andarcene o interrompere le riprese", ha detto al-Samoudi. "Il primo proiettile ha colpito me e il secondo ha colpito Shireen... non c'era alcuna resistenza militare palestinese sulla scena", ha aggiunto.Shatha Hanaysha, una giornalista locale che era in piedi accanto ad Abu Akleh quando è stata uccisa, ha detto che il gruppo di giornalisti era stato preso di mira direttamente."Eravamo quattro giornalisti, indossavamo tutti giubbotti, tutti indossavamo caschi", ha detto Hanaysha ad Al Jazeera. "L'esercito di occupazione [israeliano] non ha smesso di sparare anche dopo che è crollata. Non potevo nemmeno allungare il braccio per tirarla a causa dei colpi sparati. L'esercito è stato irremovibile nello sparare per uccidere".Israele, inoltre, non ha ritenuto di dover continuare a dichiarare che, come aveva fatto ieri, un video dimostrava che erano stati combattenti palestinesi a sparare da un vicolo di Jenin ed essere pertanto responsabili dell'uccisione di Abu Akleh. Doo numerose verifiche si è scoperto che quel vicolo non aveva nulla a che vedere con la zona in cui la giornalista è stata uccisa. (fonte Al Jazeera)

Il ministro della Diaspora ed ex portavoce militare israeliano, Nachman Shai, ha dichiarato giovedì mattina, in un'intervista radiofonica sull'uccisione della giornalista di Al Jazeera, che "con tutto il dovuto rispetto per noi, diciamo che la credibilità di Israele non è molto alta in tali eventi". (fonte Haaretz)

Oggi, l'autorità palestinese ha reso omaggio alla salma della giornalista in una cerimonia che si è tenuta a Ramallah. Successivamente il feretro è stato trasferito a Gerusalemme Est dove domani pomeriggio si terranno i funerali.