Tommaso Chessa è un caporal maggiore sardo dell'Esercito che guidava uno dei tanti mezzi militari che trasportavano le vittime del coronavirus  verso i forni crematori di altre regioni tra il 18 e il 19 marzo. Le immagini strazianti di quella lunga colonna di mezzi hanno fatto il giro del mondo, nessuno le potrà mai dimenticare, nemmeno il caporalmaggiore Chessa che ha affidato ad un post di Facebook le emozioni provate durante questa doloroso viaggio. Un viaggio che gli resterà impresso per tutta la vita.

"E stasera termina la fase 1... che dire? Forse la gente non si rende conto, non ha materialmente avuto il tempo di percepire la realtà! Io vi dico la mia, anche se sono cosciente  di non rendere l'idea (per fortuna).

Essere alla guida di un camion, una giornata qualunque dove il pensiero ti porta oltre la tua quotidianità. Tu guidi, scambi due chiacchere con il collega alla parte opposta della cabina, ma quando per forza di cose, per un istante il silenzio rompe la tua routine, il tuo pensiero si posa su di loro, realizzi che dentro quel camion non siamo in due, ma in sette... cinque dei quali affrontano il loro ultimo viaggio... l'ultimo... ti rendi conto di essere la persona sbagliata, o meglio, qualcuno doveva essere al posto tuo ma purtroppo non può... tocca a te... ed è lì che senti addosso quella grande responsabilità, qualcosa che ti preme dentro, ogni buca, ogni avvallamento sembra una mancanza di rispetto nei loro confronti. 

 
Poi arrivi lì alla fine del tuo viaggio, dove ti ritrovi ad abbandonare "il tuo carico", che ormai fa parte di te, come se ti togliessero una parte di cuore, ed è lì che cerchi di capire l'identità del tuo compagno di viaggio... cosa difficilissima, delle otto persone che personalmente ho accompagnato, l'unico dei quali sono riuscito a risalire alla sua identità è il Signor Guerra, classe 1938.

Pagherei oro per conoscere tutti i parenti delle otto persone e potergli dire che, nonostante il contesto, non avrebbero potuto fare un viaggio migliore. 

La cosa che mi dispiace di più, nonostante questo, amici e familiari, continuano a non rendersi conto che tutto questo non è uno scherzo, la gente muore, chi non muore soffre... facile dire qua non siamo a Bergamo.

Bene, abbiate la coscienza ed il buon senso di tutelare i nostri cari che hanno la fortuna di vivere in posti più sicuri, ma non dimenticate che sbagliare è un attimo. Spero un giorno di poter conoscere i cari dei miei compagni di viaggio, ma se così non fosse, sappiano che c'ho messo l'anima!

R.I.P.