In Italia, se sei un lavoratore dipendente e rubi attrezzi dal magazzino o danneggi intenzionalmente l'azienda per cui lavori, la conseguenza è chiara: vieni licenziato e ti viene chiesto di risarcire i danni. Nessuno ti copre, nessuno ti protegge. La responsabilità è personale e immediata. Ma se a provocare il danno è un amministratore di una grande società, tutto cambia. O almeno così pare, guardando a quanto accaduto con il caso Condotte d'Acqua S.p.A.

Gli ex amministratori Isabella Bruno Tolomei e Duccio Astaldi, oggi sotto inchiesta, avrebbero portato l'azienda al collasso. Stando a quanto rivelato da un'inchiesta del quotidiano Domani, nel 2021, il ministro Giancarlo Giorgetti – all'epoca nel governo Draghi – ha di fatto evitato che i beni personali dei due finissero sotto amministrazione controllata. E questo nonostante le accuse gravi: uso improprio delle risorse aziendali, acquisti personali con fondi della società, impiego del personale aziendale nelle loro abitazioni private.

Un danno stimato dalla Procura in un miliardo di euro. Non bruscolini. Eppure, il ministro Giorgetti ha ritenuto, nero su bianco in un documento ufficiale, che non ci fossero elementi sufficienti per dimostrare che gli amministratori avessero utilizzato l'azienda a fini personali. Su questa base ha chiesto che non venissero ritenuti personalmente responsabili del disastro.

Peccato che la Procura abbia smentito tutto, in modo netto.

Quindi la domanda è inevitabile: perché un ministro della Repubblica ha preso posizione per proteggere due amministratori su cui pesano accuse così gravi? Cosa ha spinto Giorgetti a esporsi in questo modo? Mancanza di informazioni? Pressioni politiche? Connivenze?

Quel che è certo è che vicende del genere mandano un messaggio devastante: in Italia, se sei un "povero cristo" paghi fino all'ultimo centesimo. Ma se sei ben introdotto, se hai amici nei ministeri o frequenti i salotti buoni, allora puoi mandare in fumo un'azienda, distruggere posti di lavoro, lasciare a secco fornitori e creditori, e comunque farla franca.

Questo è capitalismo malato, capitalismo di compari, che protegge i privilegiati e scarica i costi sugli altri. È un sistema che disintegra la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e rende la legge un lusso per pochi.

Giorgetti ha il dovere morale e politico di fornire spiegazioni. Non può restare in silenzio. Perché o ha sbagliato in buona fede – e allora deve ammetterlo – o ha coperto scientemente un sistema di potere corrotto. In entrambi i casi, la trasparenza non è un'opzione: è un obbligo.

E se davvero vogliamo riformare questo Paese, il primo passo è smettere di proteggere chi sta in cima solo perché ci è amico... e se si è fatto scientemente, è necessario anche pagarne le conseguenze.