Lungo mantello nero finemente ricamato che ricorda le pregiate vesti cardinalesche, sguardo austero di chi, per propensione o per ruolo, sa di non dover dar credito all'opinione altrui, ed una canzone dal titolo lapidario "Me ne frego".
Ecco come ieri sera Achille Lauro si è presentato sul palco della settantesima edizione del Festival di Sanremo, sorprendendo tutti con una vera e propria "svestizione" a a metà performance, restando poco più che nudo davanti all'Italia intera.
Trasgressione, certo, ma molto più sottile di quanto il pubblico possa immaginare.
Quella messa in scena dal cantante romano è infatti una performance abilmente ispirata all'arte italiana, e ispirata dalla quinta delle 28 scene del ciclo di affreschi delle Storie di San Francesco della Basilica Superiore di Assisi. Qui il Santo rinuncia ai propri abiti come metafora del rifiuto della propria ricchezza materiale, per votare la propria vita a qualcosa di superiore, alla solidarietà e alla fede.
«La storia della rinuncia di San Francesco ai beni materiali è un messaggio universale che ancora oggi risulta di grande attualità», ha spiegato l'artista.
Un'esibizione gustosamente culturale, probabilmente una delle più sagaci degli ultimi anni, un'esibizione che ha il suo apice trasgressivo non nella nudità in sé ma nella capacità di un artista etichettato come "ignorante" e "diseducativo" di parlare un linguaggio universale ma ostico ai più, quello dell'arte, palesando una cultura ed una padronanza superiore alla media popolare