Le fratture da fragilità, causate principalmente dall'osteoporosi e dall'indebolimento delle ossa, rappresentano una sfida crescente per la sanità pubblica, con implicazioni sociali ed economiche destinate ad aumentare a causa dell'invecchiamento della popolazione. Questo è stato il tema centrale del convegno “L’impegno italiano per le fratture da fragilità”, organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) in collaborazione con l’Osservatorio Fratture da Fragilità (OFF Italia).

Le fratture da fragilità colpiscono prevalentemente la popolazione anziana e i pazienti con malattie rare delle ossa, costituendo un grave problema di salute. Il presidente dell’Iss, Rocco Bellantone, ha evidenziato l’impatto economico di questo fenomeno: “Si stima che le fratture da fragilità pesino sulla spesa sanitaria italiana per circa 10 miliardi di euro all’anno, con un trend in crescita legato all’invecchiamento”.

Secondo i dati presentati, ogni anno in Italia si registrano circa 100mila ricoveri per fratture del femore negli over 65, rendendo queste lesioni tra le più debilitanti e pericolose. Sebbene il numero assoluto di ricoveri sia rimasto stabile negli ultimi anni (escluso un calo durante la pandemia di Covid-19), l'incidenza delle fratture su 100mila abitanti è diminuita, passando da 2500 casi nel 2001 a 1500 nel 2023 per gli over 80.

Nonostante la disponibilità di trattamenti preventivi e dispositivi avanzati, la prevenzione rimane un punto critico. L’evento ha posto l’accento sulla necessità di migliorare l’aderenza alle terapie farmacologiche, che si attesta a livelli preoccupantemente bassi: oltre il 10% negli uomini e poco sopra il 6% nelle donne.

Maria Luisa Brandi, presidente dell’Osservatorio sulle Fratture da Fragilità, ha sottolineato: “La frattura di femore è uno degli eventi cronici più prevedibili in età avanzata. Lo abbiamo scritto nelle linee guida, ma la continuità assistenziale dopo una frattura da fragilità si verifica in meno del 20% dei casi”.

Tra le proposte emerse durante il convegno, spicca l’ipotesi di un registro nazionale dedicato alle fratture da fragilità, che consentirebbe di monitorare il fenomeno, migliorarne la codifica e ottimizzare la prevenzione e il trattamento. Il direttore generale dell’Iss, Andrea Piccioli, ha definito il registro “uno strumento programmatorio formidabile”, in grado di misurare l’efficacia degli interventi e favorire lo sviluppo di tecniche sempre meno invasive.

Già esistono basi solide su cui costruire questa infrastruttura. Marina Torre, responsabile scientifica del Registro Italiano Protesi Impiantabili (Ripi), ha spiegato come il Registro Italiano ArtroProtesi e il registro RIDIS per le fratture vertebrali possano essere potenziati per fungere da pilastri di un sistema nazionale integrato.

Il convegno ha messo in luce la necessità di un approccio multidisciplinare per affrontare il problema delle fratture da fragilità. Con il rafforzamento delle infrastrutture informatiche e regolamentari, il registro potrebbe diventare operativo su tutto il territorio nazionale, contribuendo a un sistema di salute pubblica più efficace e sostenibile.

La sfida, però, resta quella di tradurre le conoscenze e le linee guida in pratiche concrete, garantendo una migliore assistenza e prevenzione per una popolazione sempre più anziana e fragile.