Omar Zuhour, del villaggio di Beit Kahil nei pressi di Hebron, aveva 14 anni quando è stato arrestato da dei soldati israeliani che poi lo hanno colpito alla testa e alle ginocchia con la loro cartucciera, lo hanno preso a calci e dopo averlo ammanettato e bendato lo hanno tenuto fuori al freddo per un'ora prima di interrogarlo nel centro di detenzione nell'insediamento illegale di Etzion, a nord di Hebron.

Durante gli interrogatori, gli hanno urlato contro insultandolo e schiaffeggiandolo per fargli ammettere ciò di cui veniva accusato. Successivamente, è stato trasferito nella sezione minori del carcere militare di Ofer vicino a Ramallah.


Abdul Khaleq Burnat, anch'egli minorenne, è originario di Bilin nel distretto di Ramallah. Al suo avvocato, Loui Okkeh, ha dichiarato che dopo esser stato fermato dai soldati israeliani è prima stato picchiato su tutto il corpo poi, dopo averlo fatto spogliare, è stato gettato su un terreno pieno di spine e sassi.

Dopo esser stato preso a calci, è stato ammanettato, bendato e portato in un centro di detenzione per essere interrogato. Burnat è stato trattenuto per diverse ore durante le quali gli è stato negato cibo, acqua e la possibilità di andare in bagno. Poi è stato trasferito nel carcere di Ofer.


Tre fratelli del campo profughi di Aida a Betlemme hanno detto di esser stati brutalmente trascinati fuori dalla loro abitazione dai soldati israeliani che vi hanno fatto irruzione, saccheggiando e distruggendo tutto ciò che conteneva.


Altre testimonianze dello stesso tenore sono state fornite da palestinesi fermati e interrogati nel centro di detenzione di Etzion.


Queste testimonianze sono testimonianze di parte pubblicate sul sito dell'agenzia di stampa ufficiale dell'Autorità Palestinese. Dato che che Israele è un paese occupante, non è possibile non escludere che quanto sopra riportato non appartenga ad una strategia di comunicazione orchestrata da parte dei palestinesi per danneggiare l'immagine di Israele.

È un fatto di cui bisogna tener conto, anche se confrontando il loro contenuto con quanto già accertato in passato, non possiamo non ritenerle credibili.

E sulla base di questi avvenimenti, appaiono sempre più irreali le modalità con cui la comunità internazionale, in special modo quella che si definisce democratica, affronta la crisi in medioriente.

Da una parte vi è l'assenza dell'Europa che si guarda bene dal prendere una posizione comune nei confronti di Israele, ignorando la politica di apartheid messa in atto contro palestinesi ed arabi israeliani, dall'altra vi sono gli Stati Uniti dello "stravagante" Donald Trump che, a giorni alterni, si divertono a trovare nuovi argomenti per rendere la situazione dei palestinesi ancor più drammatica come dimostra il seguente messaggio postato su twitter.

 


Il tweet fa riferimento al piano degli Usa, illustrato da Nikki Haley - ambasciatrice americana presso l'Onu - per interrompere i finanziamenti alla Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite che fornisce aiuti umanitari ai rifugiati palestinesi, di cui nel 2016 gli Stati Uniti sono stati i principali finanziatori con quasi 370 milioni di dollari.

La decisione di tagliare i fondi all'Onu da parte degli Usa era già stata annunciata come ritorsione contro il voto di 120 Paesi che avevano votato una risoluzione per chiedere agli americani di rinunciare alla loro decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele.

Oggi, l'intento di voler sospendere i finanziamenti alla Unrwa è stato spiegato come ritorsione contro i palestinesi finché non si decidano a tornare al tavolo dei negoziati per concordare un accordo di pace con Israele.