Mentre l'OMS dichiara che oramai il focolaio principale dell'epidemia da coronavirus non è più la Cina ma l'Europa, raccomandando a tutti gli Stati di prendere per tempo provvedimenti per contenere il contagio, le varie nazioni del continente agiscono approcciando il problema in modo diverso, senza alcun coordinamento - neppure tra i Paesi membri dell'Ue, che comunque non hanno direttive relative a obblighi o vincoli sanitari - in alcuni casi con estremo rigore (Italia) ed in altri con totale fatalismo, se non addirittura palese menefreghismo (vedi la Gran Bretagna).


In Germania, la cancelliera Merkel ha riportato le cifre del numero massimo possibile di contagi da Covid-19 che potrebbero interessare il Paese, facendo presente anche le eventuali disastrose conseguenze del virus. In seguito a ciò, il Governo tedesco che cosa ha deciso per evitare il contagio? Nulla, tanto che adesso il numero dei contagiati è salito ad oltre 3mila.

Quello tedesco è uno Stato federale e molte delle decisioni sono prese dai rispettivi Lander (16) che "ragionano" pro domo loro e non unitariamente.  Così in alcune regioni le partite di calcio si giocheranno con il pubblico, in altre a porte chiuse, in 9 le scuole saranno chiuse fin dopo le vacanze di Pasqua, in altre rimarranno aperte. Una situazione caotica, dove un virus privo di cervello ha evidenziato incongruenze e criticità di un sistema di governo che fino a ieri sembrava un modello per tutti.

Da Berlino, non sapendo che pesci prendere, il governo federale promette all'economia tedesca aiuti finanziari illimitati, con il ministro delle finanze Olaf Scholz e il ministro dell'economia Peter Altmaier che citano persino Mario Draghi parlando di bazooka e scudo protettivo. Ma il denaro non fermerà il contagio.


Anche la Spagna, fino a ieri, aveva mostrato una certa passività nei confronti del contagio da coronavirus, sempre a causa del forte decentramento che dà alle varie regioni una notevole discrezionalità nell'amministrare la "cosa pubblica". Ma con gli oltre 4mila contagi, Madrid non poteva continuare a rimanere inerte, lasciando ai governi locali l'iniziativa nella gestione dell'emergenza.

Così, il premier Sánchez, dopo l'odierno Consiglio dei Ministri straordinario, ha annunciato che approverà lo stato di allerta per tutto il Paese, che prevede, a seconda delle necessità, diverse disposizioni che in parte possono avere come conseguenza anche una riduzione dei diritti costituzionali, con misure che comprendono, tra l'altro, la limitazione della circolazione delle persone, la requisizione temporanea delle merci, interventi sulle industrie, limitazioni o razionamenti in relazione all'uso dei servizi o al consumo di beni di prima necessità.


Anche la Francia, con i suoi quasi 3mila contagiati, ha iniziato a prendere provvedimenti. Macron, ieri, ha chiuso le scuole e ha vietato eventi che possano riunire più di 100 persone, anche se non ha annullato il prossimo appuntamento elettorale per le elezioni municipali. Sono anche stati annunciati stanziamenti a supporto dell'economia, oltre ad un rafforzamento delle strutture sanitarie che già adesso sembrano essere sotto pressione.


L'Austria, dopo aver chiuso frontiere e aeroporti, ha deciso di iniziare a chiudere anche negozi (almeno quelli non indispensabili) e locali, mettendo in quarantena alcune aree al confine con la Svizzera. Anche la Grecia ha predisposto un piano di chiusura di gran parte delle proprie attività commerciali, oltre che dei siti turistici.


Completamente confusa, invece, la situazione nel Regno Unito con circa 800 casi, dove il premier Johnson sembra deciso a sottovalutare l'epidemia all'interno del Paese, dove persino ministri e calciatori sono risultati positivi al contagio, annunciando la chiusura delle frontiere, ma non provvedimenti per fermare i contagi all'interno della nazione, se non l'invito a rimanere a casa per chiunque abbia dei sintomi influenzali, autoisolandosi per almeno una settimana. Intanto, i britannici sembrano sempre più perplessi e non sapendo che fare fanno incetta di generi alimentari svuotando gli scaffali dei supermercati. In pratica, Johnson  è convinto che nessuno o quasi, nel Regno Unito, correrà in ospedale per cercare di curarsi, anche se però ha deciso di rimandare le prossime elezioni locali.


Sulla stessa linea anche il presidente americano Donald Trump che ha deciso di combattere il contagio chiudendo l'accesso al Paese e ignorando il progredire dei contagi all'interno dei suoi confini. In ogni caso, Trump parlerà in serata annunciando forse nuove iniziative di contenimento.

Aggiornamento.

Alle 15 ora locale, dalla Casa Bianca, Trump ha detto alla stampa di aver dichiarato lo stato di emergenza nazionale e che le prossime otto settimane saranno fondamentali

Tra le misure previste dal presidente Usa per combattere l'emergenza vi è una maggiore flessibilità per chi operi nel settore della sanità, mentre agli ospedali è stato chiesto di attivare piani di emergenza straordinari, una maggiore disponibilità di test per il coronavirus, l'abolizione degli interessi sui prestiti fatti agli studenti e la possibilità di attingere a nuovi fondi stanziati per l'occasione pari a 50 miliardi di dollari. 

Quali siano le misure per contenere la diffusione del contagio che ha causato quasi 2mila contagiati e 43 morti  e si sta estendendo in tutto  Paese, Trump non ne ha parlato, probabilmente rimandando la scomoda patata bollente alle autorità locali, perché poco o per nulla spendibile sul piano elettorale in vista dell'appuntamento di novembre.