"Apprendiamo che nelle chat di Fratelli d'Italia, il senatore Matteo Salvini viene definito “ministro bimbominkia”. E sapete chi lo chiama così? Membri del governo Meloni, quello in cui il bimbominkia è vicepremier. Questa è l'Italia oggi: un Paese che è governato dai bimbominkia e da persone senza onore per loro stessa ammissione. Chi si dimette oggi? Salvini o Fazzolari? O, meglio, tutti e due?"
Ieri, in relazione al caso Almasri, in Senato ha paragonato mezzo governo Meloni ai peggiori personaggi delle Avventure di Pinocchio, oggi Matteo Renzi ha voluto sottolineare via social un quesito - quello sopra riportato - che è conseguente alle anticipazioni pubblicate nel libro in uscita domani "Fratelli di chat – Storia segreta del partito di Giorgia Meloni" edito dalla Paper First (Fatto Quotidiano), a firma di Giacomo Salvini, che ricostruisce anno per anno la scalata al potere del partito della premier Meloni.
Tra le altre cose, nel libro sono elencate anche le conversazioni (datate 2018-2024) contenute in una chat privata di cui facevano parte 66 deputati della passata legislatura (alcuni poi confluiti nell'attuale governo), dove non si risparmiano critiche all'allegato Matteo Salvini e al suo partito, la Lega.
Ad usare l'espressione bimbominkia riferita a Salvini è il senatore Giovanbattista Fazzolari, attualmente sottosegretario. L'appellativo venne utilizzato quando Salvini, nel 2018, aprì uno scontro diplomatico con il Libano. Il commento di Fazzolari è: "Il ministro bimbominkia colpisce ancora".
Invece a dare a Salvini del "cialtrone ridicolo", invece, fu Guido Crosetto, quando il leghista sfoggiava frequentemente e senza autorizzazione le divise della Polizia e di altre forze dell'ordine. Anche questo accadeva tra la fine del 2018 e l'inizio del 2019.
Pure Francesco Lollobrigida, sempre in questa chat, si sentì autorizzato a definire Salvini "troppo ridicolo".
E la premier Meloni? Lei si è limitata ad ipotizzare che Salvini, in relazione alle accise (!!!) dovrebbe andare a nascondersi e che la Lega non può essere un partito di destra perché non ha onore.