Da Action Aid:
Gli aiuti che entrano a Gaza sono una goccia rispetto alla crisi umanitaria che si sta sviluppando: le donne devono partorire senza anestesia, subire cesarei da sveglie e senza antidolorifici. Gli operatori umanitari di ActionAid riportano anche un aumento dei casi di pazienti con febbre alta, molti dei quali bambini. "Siamo molto preoccupati che la mancanza di acqua potabile provochi un brusco aumento delle malattie e alla mancanza di igiene necessaria", fanno sapere da Gaza. Molte donne come Khitam, madre di un neonato che si trova sfollata nel sud di Gaza, sono costrette a intraprendere viaggi pericolosi mentre gli ordini di evacuazione per coloro che si trovano nel nord di Gaza rimangono in vigore e gli ospedali continuano a subire intensi bombardamenti. "All'inizio, quando sono iniziati i bombardamenti e i missili, è stato dato l'ordine di evacuare le case... Quando abbiamo lasciato le nostre case, avevo partorito solo due giorni prima. Ero stanca dopo il parto. Ero appena stata dimessa dall'ospedale e stavo ancora perdendo sangue. Portavo in braccio mia figlia e correvo. Camminavamo sotto i missili e i bombardamenti, ci sedevamo per riposare sui marciapiedi e nelle strade. Ci siamo riposati e poi abbiamo continuato il nostro cammino fino a raggiungere questa scuola".
Con oltre 21.000 persone ferite a Gaza e che stanno ricevendo cure urgenti, i camion che hanno attraversato Gaza nelle ultime settimane hanno consegnato solo forniture mediche sufficienti a coprire 5.000 feriti. Il tasso di occupazione degli ospedali di Gaza ha superato il 150%, secondo il ministero della Sanità di Gaza. Soraida Hussein-Sabbah, esperta di genere e diritti delle donne ActionAid con sede a Ramallah ha dichiarato:
"Il caos e l'orrore scatenati a Gaza colpiscono le donne in modo devastante. Le condizioni negli ospedali sono pericolose, i cesarei e gli interventi di chirurgia maggiore vengono eseguiti con la sola luce della torcia di un telefono, mentre i medici intraprendono complesse procedure mediche mentre le bombe cadono intorno a loro. Ogni giorno sentiamo di medici che fanno nascere i bambini di donne che stanno morendo di parto. È una situazione catastrofica".
Con le donne che hanno accesso a meno della metà della dose giornaliera di acqua raccomandata dall'UNDP e con il cibo che si sta esaurendo, le donne incinte e quelle che allattano al seno stanno lottando per produrre il latte di cui hanno bisogno per nutrire i loro bambini e mantenerli in vita; alcune madri hanno raccontato ad ActionAid che la pelle dei loro bambini sta diventando gialla a causa della mancanza di latte materno. Secondo l'UNFPA, nel prossimo mese si prevede che una media di 160 donne incinte come Salma* partoriranno ogni giorno. Secondo l'OMS, con due terzi delle cliniche sanitarie di Gaza non funzionanti, quasi tutte avranno poca o nessuna disponibilità di servizi come l'assistenza ostetrica d'emergenza. Rifugiata in una scuola nel sud di Gaza, Salma* ha raccontato come le madri come lei diano la priorità all'acqua per i loro figli, nonostante la grave carenza di cibo e acqua. Salma ha detto:
"Non c'è abbastanza acqua per bere, lavarsi o altro. Non c'è abbastanza cibo, non ci sono servizi sanitari, né acqua, né elettricità. Le più semplici esigenze di vita non sono disponibili qui. Come donna incinta, temo per il mio bambino non ancora nato, dato che sono al mio ultimo mese di gravidanza. Non c'è abbastanza cibo o acqua per me e per il bambino. Non ho acqua da bere. A volte mi privo dell'acqua per darla ai miei figli". Soraida Hussein-Sabbah ha dichiarato:
"La morte di migliaia di persone a Gaza è una tragedia totale e le donne che sono sopravvissute stanno affrontando l'immenso trauma della perdita dei propri cari, molti dei quali sono bambini. Queste donne stanno dimostrando un'incredibile capacità di recupero nel mantenere in piedi le famiglie e le comunità - ma non possono farlo da sole, sotto un trauma così immenso e mentre nessun luogo è sicuro per ripararsi". Alle sue parole fa eco un membro dello staff di ActionAid Palestina a Gaza:
"Ci sentiamo impotenti guardando negli occhi i nostri figli, non siamo in grado di alleviare le loro preoccupazioni. Non possiamo dire 'Andrà tutto bene', o 'Sei al sicuro'. In verità, non c'è un posto sicuro a Gaza. Nessun luogo è sicuro qui, né a nord né a sud... Vogliamo solo che questa guerra si fermi immediatamente. Chiediamo che si fermi lo spargimento di sangue, l'uccisione di donne e bambini. Il mio desiderio più grande ora è tornare a casa. Dormire sul mio letto e usare il mio bagno, tutto qui".
Questa è la testimonianza video dell’Operatrice di Save the Children dalla Striscia di Gaza:
(www.contenthubsavethechildren.org/Share/ojx81pu07v1py03211tm2bi7oosj0ydd)
Bisan, che lavora a Gaza con Save the Children, poco prima dell’ultimo black out delle comunicazioni nella Striscia, ha lasciato il suo rifugio per trovare un posto con un po' di connessione internet, in modo da poter inviare questo messaggio, in cui ci racconta le sue ultime notti.“Sono Bisan da Gaza e siamo ancora vivi”,
esordisce l’operatrice dell’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loto un futuro. “Ieri e ancora prima, ogni tipo di canale di comunicazione è stato interrotto e ci sentivamo come se fossimo tagliati fuori per sempre. Internet non funziona, i cellulari non funzionano, anche l'elettricità è stata interrotta. Stiamo parlando di buio totale, nessuno può sapere nulla, e ci sono solo bombardamenti intorno a noi. Abbiamo visto il cielo che si illuminava, abbiamo sentito i bombardamenti, ma non sapevamo dove fossero. Immaginate di essere stati uccisi o feriti, di avere bisogno di aiuto, di qualcuno che vi soccorra, della protezione civile che vi tiri fuori dalle macerie, ma di non poterli raggiungere in nessun modo, di non riuscire a far sapere che siete stati bombardati. Nessuno può chiamare un'altra persona a Gaza per sapere se lui è vivo o no, se lei è viva o no”, continua Bisan. “(Finora) ho usato la connessione a internet per dire alle persone di tutto il mondo cosa ci sta succedendo e per far sentire la nostra voce. Ora, senza connessione, sono costretta ad uscire dal rifugio e camminare per più di un chilometro per andare in un posto dove c'è internet, per caricare un video e tornare indietro, correndo, scappando per le strade.La situazione è davvero orribile, terrificante. Non sappiamo quando finirà, ma temo che sarà troppo tardi. Cessate il fuoco a Gaza. Aiutateci”, conclude Bisan.
Crediti immagini: ActionAid