Per tutti coloro che si affannano a dichiararsi pro o contro il reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle, è interessante riportarne una breve descrizione realizzata a cura di Maurizio Franzini, professore ordinario di Politica economica alla Sapienza di Roma, Elena Granaglia, professore ordinario di Scienza delle finanze presso l’Università di Roma Tre e Michele Raitano, ricercatore di Politica economica nel Dipartimento di Economia e diritto alla Sapienza, pubblicata sul sito Rassegna sindacale.


Questi i punti principali della proposta pentastellata.

Il reddito di cittadinanza è un trasferimento che dovrebbe permettere a tutti di disporre di un reddito pari alla soglia della povertà relativa (60% del reddito disponibile mediano, circa 10.300 euro l’anno per “persona equivalente” nel 2014, in base ai dati Istat, Eu-Silc).

Esso sarebbe erogato in misura pari alla differenza fra la soglia di povertà e il reddito equivalente a disposizione degli individui e la prova dei mezzi è centrata sul reddito (a prescindere dal patrimonio).

I beneficiari devono essere cittadini italiani, comunitari o provenienti da Paesi con i quali l’Italia abbia accordi di reciprocità in materia di sicurezza sociale.

Il trasferimento viene definito sulla base delle condizioni economiche del nucleo familiare, ma è erogato individualmente ai singoli componenti per tutto il periodo in cui il nucleo versi in condizioni di povertà (laddove l’attuale Rei viene concesso per un massimo di 18 mesi, con possibilità, dopo una pausa, di un eventuale rinnovo di 6 mesi).

Pur in presenza di continuità nell’erogazione, la domanda per il reddito di cittadinanza deve essere rinnovata ogni anno.


Per tutti coloro che non studiano, non hanno responsabilità di un figlio fino a tre anni di età e sono abili al lavoro, l’accesso al reddito di cittadinanza è vincolato alla disponibilità a lavorare.

Tale disponibilità si configura nei seguenti obblighi:

1 - iscrizione ai servizi per l’impiego;
2 - adozione, entro sette giorni dall’iscrizione, di un percorso di accompagnamento all’inserimento lavorativo;
3 - ricerca di lavoro per almeno due ore al giorno, da subito;
4 - esecuzione di lavori di comunità per almeno otto ore alla settimana (con eccezione di coloro che hanno compiti di assistenza di parenti ai sensi della legge 104);
5 - accettazione, nel primo anno, di un’offerta di lavoro congruo, per mansione, retribuzione e distanza dal luogo di residenza, con la possibilità di tre rifiuti. La congruità concerne la presa in considerazione delle propensioni e delle competenze del beneficiario; la presenza di una retribuzione oraria maggiore o uguale all’80% di quella delle mansioni di provenienza qualora la retribuzione mensile di provenienza non superi l’importo di 3 mila euro lordi o, comunque, non inferiore a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di riferimento e in prospettiva di un salario minimo di 9 euro; la distanza del luogo lavoro che non deve superare i 50 chilometri dalla residenza del soggetto;
6 - accettazione dopo il primo anno di qualsiasi offerta, anche se non congrua.

A questi obblighi si accompagna una serie di incentivi per individui e datori. Per esempio, chi denuncia una precedente attività irregolare, avrebbe un incremento del 5% del reddito di cittadinanza (chi è invece scoperto a lavorare in modo irregolare, non solo perderebbe il sussidio, ma dovrebbe restituire quanto guadagnato); chi trova lavoro autonomamente potrebbe contare su due mensilità aggiuntive di reddito di cittadinanza; chi assume, con incremento netto di occupazione, beneficiari del reddito di cittadinanza avrebbe un abbattimento dell’Irap di circa 600 euro al mese per un anno.


A questo è da aggiungere una rete di controlli e verifiche con al centro l’Inps sarebbe messa in opera e vi sarebbero, infine, anche obblighi formativi.

Così, alle famiglie con figli minori che non frequentassero la scuola dell’obbligo si applicherebbe, in prima istanza, una riduzione del trasferimento, che verrebbe completamente revocato al terzo richiamo.

Al contempo, l’accesso al beneficio da parte dei figli fra 18 e 25 anni, è subordinato al possesso di qualifica/diploma professionale o di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado, ovvero alla frequenza di un corso che porti a tale qualifica.

Gli studenti universitari fuori sede possono accedere al reddito di cittadinanza solo qualora la loro famiglia di origine sia povera.


A chi non sia venuto il mal di testa nel leggere le condizioni sopra elencate, ammesso che sia riuscito ad arrivare fino alla fine, risulta pertanto evidente che la proposta tanto propagandata dai 5 Stelle sia ben lontana dal vero reddito di cittadinanza inteso come un trasferimento individuale senza condizioni, sia rispetto sia alle risorse economiche di ciascun individuo, sia rispetto alla sua disponibilità o meno a lavorare.


Sicuramente consapevole di ciò, il fatto che però il Movimento 5 Stelle non lo comunichi con chiarezza ai propri elettori farà sì che, nel momento in cui tale provvedimento verrà approvato, potrebbero essere in molti i delusi che credevano invece di poter accedere ad un vero reddito di cittadinanza.

Ma per ragioni elettorali, i 5 Stelle si sono ben guardati dal cambiargli nome in modo che rispondesse realmente a ciò che vogliono fare.