Il mio punto di vista cambia… sulla sedia “dell’ospite”. Non l’ho fatto pensando. L’ho fatto e basta. Un attimo di stanchezza in una giornata che a volte si attarda e proprio non vuole finire. L’idea non era cambiare, dunque, il mio punto di vista, semplicemente muovermi, alzarmi, spostarmi… distrarre il tempo. E mi sono ritrovata ospite di me stessa.

Una strana sensazione: divento improvvisamente sana, per un attimo: l’attimo della sorpresa a ritrovarmi dall’altra parte. Un passo e sono di là: non ho niente, è il posto della compagnia, è il posto del non ho io il cancro e sono spaventatissima: non so che significa, non so cosa si prova.

Mi vedo tranquilla, la calma raggiunge anche me ma non è mia. Un passo e sono di qua: nel mio posto: sulla mia poltrona a prendere il mio esercito liquido che mi aiuta a tenere a bada il cancro. Casualmente e inconsciamente ho fatto eruttare un vulcano: non è uscita lava, lapilli ma pensieri, parole, emozioni. Sono rimasta parecchio seduta là. Le immagini scorrevano una dopo l’altra. La prima volta e poi la seconda, la quarta, la decima, la ventesima… e lei, mia sorella, lì, ogni volta che poteva: sono state tante e le amiche, sempre pronte, sempre disponibili, quando non poteva o la vedevo stanca. Non ci riflettiamo mai abbastanza ma fare “l’ospite” stanca. E così sono riuscita a immaginare la fatica di mia sorella, seduta per ore insieme a me, in un mondo che non le apparteneva: il mio mondo: la mia realtà.

Chi ha il cancro, paradossalmente è più forte di chi non lo ha. Ne sono profondamente convinta. Lui, entra in casa e spazza via l’eternità. Entra in casa e dice a chiare note: bene ragazzi, vi ricordo che si muore! Tutta la famiglia si ammala, gli amici. Soffrono tantissimo soprattutto i sani proprio perché non ce l’hanno e non sanno contro chi combattere. Restano in balia delle onde. Della paura. Della sorpresa. Del tuo sguardo. A volte la burrasca è così forte che scappano via: lontano. Non riescono a starti vicino. Non è facile. Mettiamoci per un istante dall’altra parte: siamo sicuri… E poi non sempre abbiamo braccia aperte per ricevere l’amore che cercano di dare: lo confondiamo, lo critichiamo, ce ne sentiamo indeboliti: e se fosse commiserazione, pietà, tristezza? E se fosse amore? Da quella sedia dell’ospite possiamo vedere, sentire, ascoltare e possiamo capire, forse, chi è stato con noi.

La stanchezza mentale e fisica che può arrivare, che può fare allontanare, distaccare, prendere aria, respirare chi è stato tante volte con noi. Quella sedia, capitata così all’improvviso, per caso, carica di emozioni… Mi porta in giro nei ragionamenti e le domande che bussano sono tante. A volte trovo le risposte, a volte no. E allora è diventato il mio esercizio ogni volta che vado a prendere il mio esercito liquido, guardo la sedia e penso: ora mi sposto: provo a mettermi nei panni della compagnia! Non è facile fare proprie le emozioni di un’altra persona, già il tentativo emoziona e spaventa. Il cancro spaventa. La paura di prenderselo. La paura di non farcela. Ma io l’ho preso. Lo combatto. E chi mi sta di fronte… come è davvero la sua strada accanto a me?

Abbi Cura Di te.