Lo scorso 28 luglio, intorno alle 15, Muayad Abu Sarah (al-'Alami), un 37enne residente a Beit Ummar nel distretto di Hebron, si trovava nella sua auto all'ingresso del villaggio, insieme a  tre dei suoi figli. Due di loro – Muhammad (11 anni) e 'Anan (9 anni) – erano sul sedile posteriore dell'auto e Ahmad (5 anni) era seduto davanti.

Abu Sarah fa lentamente marcia indietro, vede una pattuglia di soldati israeliani e decide di cambiare strada. A quel punto, senza un'apparente spiegazione, i militari israeliani, a piedi, iniziano a correre per inseguire l'auto. Quando sono all'inizio della strada si mettono a sparare, in raffiche successive, una dozzina di colpi.

Uno di quei proiettili colpisce al petto Muhammad. Il bambino viene trasportato nel vicino ospedale di Hebron, ma per lui non c'è nulla da fare. Le autorità militari israeliane hanno aperto un'inchiesta.

Quanto accaduto è stato ricostruito in questo video dalla ong B'Tselem utilizzando le immagini riprese da due telecamere di sicurezza e da uno smartphone.

Da Ramallah, l'autorità palestinese ha dichiarato che quanto accaduto è la dimostrazione che da parte degli israeliani è considerato routine aprire il fuoco ingiustificatamente e trattare i palestinesi come dei bersagli, con i responsabili di tali crimini che non saranno mai puniti.

L'aver annunciato di aver aperto un'inchiesta, da parte dell'esercito, è solo una strategia per far credere alla comunità internazionale che in Israele regni lo Stato di diritto... ma così non è per quanto riguarda i palestinesi e gli arabi israeliani.

Ramallah ritiene il governo israeliano responsabile di questo crimine che sarà denunciato, anch'esso, alla Corte penale internazionale.

Per quanto riguarda l'Italia, curiosamente, da parte degli amici di Israele, quelli che da destra e da sinistra sono sempre pronti ad indignarsi se qualcuno si dimentica di esaltare il regime sionista, stavolta sui loro profili social neppure un accenno di quanto accaduto.