Questa mattina il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inaugurato un centro di accoglienza a Roma intitolato a Matteo Ricci, il gesuita che più di altri operò per promuovere l'evangelizzazione in Cina.

Parlando di migrazione, Mattarella si è ricollegato al fenomeno che ha interessato in gran parte anche la popolazione del Venezuela, dove circa due milioni e mezzo di persone sono fuggite dal Paese trovando asilo nei Paesi limitrofi.

In relazione al problema migrazione, il presidente della Repubblica ha ricordato che «l'America Latina, con gli accordi di Quito, ha messo in campo un'azione solidale, concertata, fra i Paesi dell'America Latina. È una scelta di grande importanza, un'iniziativa significativa - ha aggiunto - che è anche un richiamo e un insegnamento per l'Unione Europea che non è ancora riuscita a elaborare un approccio e un programma comune per un fenomeno che è globale.»

E Mattarella ha parlato anche della crisi politica in quel Paese, invitando l'Italia a schierarsi a favore di Guaido: «Quella del Venezuela è una condizione particolarmente rilevante anche per l'Italia perché il legame tra Italia e Venezuela è strettissimo, per i tanti italiani che vivono in Venezuela e per i tanti venezuelani di origine italiana.

Questa condizione ci richiede senso di responsabilità e chiarezza su una linea condivisa con tutti i nostri alleati e tutti i nostri partner dell'Unione europea. D'altronde nella scelta che si propone non vi può essere né incertezza né esitazione: la scelta tra volontà popolare e richiesta di autentica democrazia da un lato, e dall'altro la violenza della forza e le sofferenze della popolazione civile.»

Parole che accompagnano la presa di posizione netta di Francia, Germania, Gran Bretagna, Austria, Olanda, Danimarca Portogallo, Svezia, Repubblica Ceca, Polonia e Spagna che questa mattina hanno ufficialmente riconosciuto Guaido come presidente, aggirando le incertezze in tal senso dell'Unione europea che non sembra possa avere al riguardo un'opinione condivisa, viste le contrarietà di alcuni Paesi tra cui l'Italia.


Il Governo italiano che spesso ha indicato Trump come un modello da seguire, infatti, sul Venezuela si schiera dalla parte dei non interventisti. Almeno questa è la linea dei 5 Stelle, spiegata con queste parole da Alessandro Di Battista: «La quantità di “democrazia” che si vuole esportare in un paese è sempre direttamente proporzionale alla quantità di petrolio lì presente. Se il Venezuela non avesse la prima riserva di petrolio al mondo oggi nessuno si interesserebbe ai diritti del suo popolo. Ci vuole coraggio a mantenere una posizione neutrale in questo momento, lo so. L'Italia non è abituata a farlo. Ci siamo sempre accodati in modo vile agli “esportatori di democrazia”. L'abbiamo fatto in Iraq, in Afghanistan, in Libia.

Oggi i pavidi di allora piangono lacrime di coccodrillo come fa Junker rispetto alla Grecia. Se avessimo mantenuto una posizione neutrale nel 2011 la Libia non sarebbe diventata l'inferno che è oggi. Il mondo è spaccato in due. Da una parte Russia e Cina sostengono Maduro. Dall'altra Trump ha dichiarato che l'intervento militare è un'opzione. Poi c'è l'Unione Europea incapace di comprendere che la linea del dialogo tra governo e opposizioni suggerita da Messico e Uruguay andrebbe sostenuta nell'interesse dell'Europa stessa oltre che del popolo venezuelano. L'Europa dovrebbe smetterla una volta per tutte di obbedire agli ordini statunitensi.

Il mondo va avanti. Il mondo cambia. Nascono nuove opportunità, nuovi mercati. L'India, tra pochi anni, supererà la Cina per numero di abitanti. E l'India ha espresso una posizione neutrale di fronte alla crisi venezuelana. Suggerisco coraggio e lungimiranza e soprattutto una difesa sostanziale dell'art.11 della nostra Costituzione. Perché le guerre vanno ripudiate il giorno prima che scoppino, farlo il giorno dopo è troppo facile.»


SkyTG24 ha riportato la dichiarazione odierna di Maduro in cui riferiva di aver inviato un appello al Papa perché si possa attivare per aiutare il dialogo in vista di quella che l'attuale presidente spera possa diventare una "conferenza di pace" guidata da Messico e altre nazioni, che si svolgerà  il 7 febbraio.

Non solo. Nicolas Maduro, che viaggia nel Paese per visitare caserme e reparti dell'esercito in occasione delle celebrazioni del 4 febbraio - Giornata della Dignità Nazionale e 27° anniversario della ribellione militare del 4 febbraio 1992 -, ha avvertito anche il premier spagnolo Pedro Sanchez che, se qualunque cosa accade in Venezuela, le sue mani saranno per sempre macchiate di sangue, mentre la storia lo ricorderà come un presidente che si è messo al servizio della politica interventista e guerrafondaia di Donald Trump.