Fu il governo del Primo Ministro Edward Heath, conservatore, che convinse la Camera dei Comuni ad approvare l'ingresso della Gran Bretagna nella Comunità Economica Europea.

Il Parlamento, nell'occasione, votò convintamente perché la Gran Bretagna si unisse all'Europa. Con il referendum del 2016 i cittadini britannici, invece, hanno chiesto di uscire dall'Unione.

Dopo due anni di trattative, ha detto Theresa May alla Camera dei Comuni - alla fine di un dibattito durato cinque giorni - in chiusura del suo appello per l'approvazione dell'accordo da lei discusso con l'Ue, "the time has now come".

Per il premier britannico, la responsabilità dei parlamentari è "profonda" e il suo accordo "protegge i posti di lavoro, garantisce la sicurezza nazionale e onora l'integrità del nostro Regno Unito."

Prima di lei aveva parlato il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn che, invece, aveva definito l'accordo "pasticciato e dannoso" perché sarebbe stato uno "spericolato salto nel buio" per il Regno Unito.

Prima del voto finale, i laburisti, lo Scottish National Party e il deputato conservatore Sir Edward Leigh hanno tutti ritirato i loro emendamenti, ma non il deputato conservatore John Baron che ha insistito affinché i parlamentari si esprimessero sulla possibilità per il Regno Unito di porre fine al backstop con l'Irlanda in maniera autonoma, senza un accordo con l'UE.

L'emendamento è stato respinto per 600 voti a 24. A quel punto, i deputati sono stati chiamati ad esprimersi sull'accordo siglato dalla May, che è stato respinto con 432 no, mentre i voti a favore sono stati 202.

La Premier ha ammesso la sconfitta, ma ha ribadito la volontà di andare avanti e di continuare a lavorare per attuare la Brexit. Al contrario, le opposizioni hanno definito il risultato del voto umiliante per il Governo, tanto che Jeremy Corbyn ha chiesto un voto di sfiducia (no confidence), che è stato calendarizzato già per mercoledì 16 gennaio.