Per capire perché il Consiglio dei Ministri, che venerdì 15 maggio si è riunito a Palazzo Chigi alle 13, per decidere nuove misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica, sia stato poi sospeso per concludersi solo in tarda serata, è utile leggere il commento, su quanto deliberato, pubblicato via social dal presidente della Toscana, Enrico Rossi, che chiarisce quanto fossero diverse le posizioni da parte dei diversi attori in campo sulle decisioni da prendere.
«Diversamente dalle decisioni, comunicate dal presidente Conte ieri mattina, di una ripartenza graduale e di una distanza di due metri per molte attività - ha scritto Rossi -, ieri sera il governo ha deciso la svolta.O meglio, un vero contrordine.La distanza si è ridotta notevolmente, ad un solo metro, e l'elenco delle attività da riaprire si è allungato, praticamente a tutte e subito.La mia opinione era e resta diversa ma non voglio che la Toscana sia penalizzata rispetto al quadro nazionale di cui comunque tra poco tempo, quando a fine mese la circolazione tra regioni tornerà libera, finirebbe per risentire annullando gli effetti di eventuali interventi a favore di una maggiore sicurezza.I nostri dati sono migliori rispetto a quelli di tante regioni sia in termini di mortalità sia in termini di diffusione e controllo del contagio. Pertanto, oggi, appena saremo in possesso delle disposizioni nazionali, adotteremo, allineandoci con esse, le ordinanze regionali in Toscana.Restano a tutela generale della salute due elementi fondamentali:- la nostra consapevolezza di cittadini nell'assumere comportamenti appropriati che evitino quanto più possibile la diffusione dei contagi.- la capacità del servizio sanitario regionale di individuare e isolare i casi positivi.Avrei preferito maggiore cautela, ma sono sicuro che anche in questa nuova fase la Toscana riuscirà bene, e comunque meglio di tante altre regioni le quali, con alle spalle un quadro ben più drammatico, hanno fortissimamente voluto che si riaprisse tutto e subito e con il metro corto.Pur nella consapevolezza delle oggettive difficoltà della situazione, l'impressione è che si proceda a colpi di strambate, a cambiamenti repentini: prima chiusure tardive e blande per certe realtà, poi blocchi totali a prescindere da ogni altra valutazione e infine aperture che preannunciano e spingono verso una normalità che purtroppo non esiste ancora.Il mio timore è che così finiamo per lasciare sul campo effetti più pesanti di altri paesi, sia sul piano della salute che su quello economico.Mi auguro sinceramente che non si debba tornare indietro. E che la ripresa delle attività sia realmente anche una ripresa economica. Ma questo è un altro argomento".
Questo, invece, il commento di Attilio Fontana, presidente della regione Lombardia ovvero il focolaio d'Italia, che nonostante i quasi 30mila casi di contagio ancora presenti - naturalmente si parla di quelli noti - scalpitava perché tutto venisse riaperto quanto prima:
"Bene, il Governo ha recepito le linee guida delle Regioni.Un passo avanti decisivo per arrivare lunedì alla riapertura di una serie di attività produttive. Domani adotteremo provvedimenti che garantiranno la 'ripartenza' in sicurezza di ristoranti, bar, parrucchieri e altre attività in tutta Italia. Si riparte con buon senso e rispetto delle regole per garantire la salute pubblica".
A questo punto, è lecito credere che il premier Conte sia stato tirato per la giacca da un lato dalle regioni e dall'altro dai leader dei partiti di Governo che non volevano dare ulteriore linfa alla propaganda dell'opposizione che già da giorni aveva iniziato a cavalcare, giuste o sbagliate che fossero, le lamentele delle associazioni di categoria in rappresentanza dei vari settori economici.
Al di là di tutto, il coronavirus ha dimostrato di essere ampiamente liberale e democratico nella propria capacità di contagiare le persone, e finora non ha guardato in faccia a nessuno. Dal prossimo lunedì, dopo due settimane dal 4 maggio, inizieremo ad avere riscontri sulle conseguenze sanitarie delle prime riaperture. Solo allora potremo capire se quanto deciso dal Governo ieri sia stato corretto o meno.