Queste le considerazioni su congiuntura economica e politica monetaria rilasciate dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio 2022.


"Negli ultimi mesi l'incertezza che caratterizza il quadro economico e finanziario internazionale è notevolmente aumentata. L'attività economica globale risente pesantemente delle conseguenze dell'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia.

Le ripercussioni più evidenti si osservano sul mercato dell'energia: il prezzo del gas consegnato in Europa ha registrato oscillazioni senza precedenti, toccando 340 euro per megawattora, da valori inferiori a 20 all'inizio del 2021; dalla fine di agosto, con il raggiungimento degli obiettivi di stoccaggio da parte dei principali paesi europei, è gradualmente sceso attorno a 100 euro, ma le quotazioni dei futures segnalano il suo permanere su valori elevati ancora per tutto il prossimo anno. Sono stati colpiti anche i corsi dei beni alimentari sui mercati mondiali, dove le tensioni si sono almeno in parte allentate dopo gli accordi di fine luglio tra la Russia e l'Ucraina che hanno sbloccato le consegne di grano dai porti del Mar Nero.

Il peggioramento delle prospettive di crescita è diffuso.

Secondo il Fondo monetario internazionale il tasso di espansione dell'economia globale diminuirebbe dal 3,2 per cento stimato per quest'anno al 2,7 nel 2023, quasi un punto percentuale in meno rispetto a quanto previsto lo scorso aprile. Nell'area dell'euro la crescita del prodotto scenderebbe dal 3,1 per cento del 2022 allo 0,5 nel prossimo anno, un sostanziale arresto e una revisione al ribasso di quasi due punti percentuali in soli sei mesi.

I rincari delle materie prime hanno avuto straordinarie ricadute anche sui prezzi al consumo. A livello globale l'inflazione è salita da meno del 5 per cento nel 2021 a circa il 9 quest'anno. In risposta a tali pressioni, in quasi tutti i paesi avanzati e in molte economie emergenti e in via di sviluppo le banche centrali hanno avviato una fase di restrizione delle condizioni monetarie al fine di contrastare l'aumento dell'inflazione corrente e attesa, nonché il rischio di un possibile avvio di rincorse tra prezzi e salari.

In questo quadro di elevata incertezza, nel Bollettino economico della Banca d'Italia sono stati presentati due scenari di previsione per l'economia italiana. Il primo presuppone che i flussi di gas dalla Russia al nostro paese rimangano sui livelli osservati in media negli ultimi mesi e che gli andamenti dei prezzi delle materie prime siano in linea con quelli desumibili dai recenti contratti futures.

In questo scenario la crescita del prodotto scenderebbe dal 3,3 per cento stimato per il 2022 allo 0,3 nel 2023. Il PIL calerebbe nella seconda metà di quest'anno, per poi riprendersi gradualmente dal secondo trimestre del 2023. La complessiva debolezza dell'attività economica rifletterebbe sia quella dei consumi, che si ridurrebbero penalizzati dalla diminuzione del potere di acquisto delle famiglie sia quella degli investimenti in macchinari e attrezzature, che rallenterebbero per l'incertezza e per l'aumento dei costi di finanziamento. Vi inciderebbe inoltre il peggioramento degli scambi internazionali.

Nel secondo scenario, più avverso, si ipotizzano un'interruzione completa dei flussi di gas russo verso l'Europa dal trimestre in corso e prezzi delle materie prime energetiche significativamente più alti; vi si accompagnerebbe un più marcato rallentamento del commercio internazionale. In questo caso nel 2023 si registrerebbe una contrazione del prodotto dell'ordine dell'1,5 per cento e l'inflazione supererebbe il 9 per cento, circa 2,5 punti percentuali in più che nel primo scenario.

In un contesto difficile come quello attuale le proiezioni puntuali di questi due scenari hanno natura puramente indicativa e sono strettamente legate alle ipotesi sui prezzi e sulla disponibilità delle materie prime, in larga parte basate sugli sviluppi del conflitto in Ucraina. In ogni caso, i rischi sulla crescita sono orientati al ribasso e dipendono, non solo per il nostro paese, oltre che dalle tensioni geopolitiche, dalle prospettive dell'economia negli Stati Uniti, dove, anche a causa della forte restrizione delle condizioni monetarie, molti indicatori scontano una possibile contrazione del prodotto nei prossimi mesi.

Ulteriori ripercussioni negative potrebbero derivare da un eventuale brusco rallentamento dell'economia cinese, principalmente connesso con le fragilità del settore delle costruzioni, nonché dalla persistenza dell'inflazione su livelli elevati più a lungo di quanto attualmente previsto.

Nell'area dell'euro l'inflazione ha sfiorato in settembre il 10 per cento, sospinta soprattutto dall'eccezionale aumento dei prezzi dell'energia (oltre il 40 per cento sui dodici mesi). Al netto delle componenti più volatili – oltre all'energia, gli alimentari – che più risentono del conflitto in Ucraina, l'inflazione ha raggiunto il 4,8 per cento. Quasi due terzi dell'aumento complessivo dei prezzi al consumo registrato negli ultimi dodici mesi sarebbero stati causati dai rincari dell'energia, direttamente e attraverso gli effetti sui costi di produzione; tale quota sale a circa quattro quinti se si tiene conto anche dell'impatto dei prezzi dei generi alimentari che, pur se non legati all'energia, hanno comunque risentito del conflitto in Ucraina.

Secondo le proiezioni degli esperti della Banca centrale europea (BCE) diffuse in settembre, nella media del 2022 la dinamica dei prezzi al consumo nell'area si collocherebbe al di sopra dell'8 per cento, per poi scendere gradualmente al di sotto del 6 nel corso del 2023 e convergere verso un valore vicino all'obiettivo del 2 per cento nella seconda parte del 2024. Un quadro simile emerge dalle aspettative desunte dalle quotazioni dei contratti legati all'inflazione (inflation-linked swaps) e dai sondaggi effettuati in ottobre, quali quello condotto dalla BCE presso gli analisti monetari o quelli di altri istituti privati.

Le attese delle famiglie rilevate dall'indagine della BCE sono invece su valori leggermente più elevati, pari al 5 per cento nei prossimi dodici mesi e al 3 in un orizzonte di tre anni. Ciò verosimilmente riflette non solo una maggiore rilevanza di elementi retrospettivi nella formazione delle aspettative ma anche il peso notevole delle componenti più volatili dell'inflazione nel paniere di consumo dei nuclei meno abbienti.

La dinamica salariale, in Italia e in generale nell'area dell'euro, è finora rimasta moderata. Nel nostro paese le retribuzioni contrattuali, al netto delle componenti una tantum, hanno registrato nel secondo trimestre una crescita tendenziale dello 0,9 per cento, 0,3 punti in più rispetto a quella di inizio anno, soprattutto per via dei rinnovi dei contratti nel settore pubblico. Hanno accelerato anche nella media dell'area, al 2,5 per cento.

La dinamica del costo del lavoro si rafforzerebbe nella parte finale di quest'anno e nel prossimo per gli aumenti che potrebbero essere concessi al fine di compensare la perdita di potere di acquisto dei lavoratori, connessi in alcuni paesi anche agli incrementi dei salari minimi.

Al momento non vi sono quindi evidenti segnali di un rilevante “disancoraggio” delle aspettative d'inflazione dall'obiettivo di stabilità dei prezzi. Il contesto di netto indebolimento dell'attività economica e la quota modesta di retribuzioni indicizzate all'inflazione nel complesso dell'area sembrano altresì contenere il rischio di una rincorsa tra prezzi e salari sostenuta e diffusa. Il processo di “normalizzazione” delle condizioni monetarie in atto dalla fine del 2021, con la conclusione dei programmi di acquisto di titoli e l'avvio del rialzo dei tassi di politica monetaria, è volto a contrastare con decisione la possibilità che questi due rischi si materializzino.

Lo scorso giovedì il Consiglio direttivo della BCE ha aumentato i tassi di interesse ufficiali di 0,75 punti percentuali, portando a 2 punti l'incremento complessivo dal 21 luglio. Si è così compiuto un sostanziale passo in avanti nell'azione di riassorbimento dell'accomodamento monetario, allontanando in buona misura il tasso sui depositi delle banche presso l'Eurosistema dai livelli negativi che erano stati necessari per ostacolare il rischio di deflazione e limitare le ricadute della crisi pandemica. Sulla base delle attese degli operatori di mercato, i tassi reali a un anno restano comunque molto bassi e diverrebbero appena positivi dalla fine del 2023.

La decisione di modificare i termini e le condizioni della terza serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (TLTRO-III) ha trovato giustificazione nella necessità di garantire che anche il contributo di questo strumento sia coerente con il più ampio processo di normalizzazione della politica monetaria.

La ricalibrazione intende rafforzare la trasmissione degli aumenti dei tassi ufficiali alle condizioni dei prestiti bancari e rimuovere i vincoli al processo di riduzione del bilancio dell'Eurosistema attraverso il rimborso anticipato delle operazioni TLTRO-III. Il Consiglio ha rinviato la discussione sui tempi e i modi di una graduale revisione del reinvestimento del capitale rimborsato sui titoli in scadenza nell'ambito dei programmi di acquisto di attività finanziarie, mantenendo per i prossimi mesi la flessibilità connessa con il rinnovo di quelli nell'ambito del programma per l'emergenza pandemica (PEPP).

Il rialzo dei tassi ufficiali dovrà proseguire per attenuare il rischio che il persistere di un'elevata inflazione causata dal susseguirsi di shock “di offerta” si trasli sulle aspettative di famiglie e imprese, alimentando la dinamica dei prezzi e determinando aumenti più forti delle retribuzioni. Il ritmo di incremento dei tassi e il loro punto di arrivo, tuttavia, non possono essere predeterminati sulla base di proiezioni o scenari precostituiti, che in questa fase hanno una natura puramente indicativa. L'elevata incertezza richiede di procedere in modo graduale, valutando con attenzione l'adeguatezza dell'orientamento monetario sulla base delle evidenze che si renderanno via via disponibili.

Non va comunque sottovalutato il pericolo che il deterioramento delle prospettive economiche si riveli peggiore del previsto, rendendo sproporzionato
un passo eccessivamente rapido nella normalizzazione dei tassi ufficiali. Si tratta di un rischio di cui il Consiglio dovrà tenere conto nei prossimi mesi, al pari di quello di lasciare che l'inflazione resti eccessivamente alta per troppo tempo.

Il Consiglio dovrà allo stesso tempo continuare a valutare attentamente gli effetti delle proprie decisioni sulla stabilità finanziaria. I differenziali di rendimento tra i titoli di Stato dei paesi dell'area dell'euro più esposti alle oscillazioni di mercato e quelli tedeschi, in aumento dall'inizio dell'anno, si sono ridotti dopo l'annuncio, in giugno, dell'attivazione della flessibilità nel reinvestimento dei titoli acquistati nell'ambito del PEPP e, in luglio, dell'approvazione del nuovo strumento contro il rischio di frammentazione (Transmission Protection Instrument, TPI).

Quello italiano, che nelle scorse settimane aveva risentito dell'incertezza politica e dell'accresciuta avversione al rischio nei mercati, negli ultimi giorni è sceso fino a 210 punti base, un livello ancora notevolmente più alto di quelli prevalenti in altri paesi dell'area colpiti come il nostro, dieci anni fa, dalla crisi dei debiti sovrani. Per una sua decisa e persistente diminuzione restano cruciali prudenza sul bilancio pubblico e politiche volte a riportare il Paese su un elevato sentiero di crescita".