Ieri sera su La7, all'inizio di Piazza Pulita, Corrado Formigli ha denunciato un fatto, definendolo gravissimo. In una precedente puntata del programma di approfondimento giornalistico, era andato in onda un servizio che denunciava lo scarso equipaggiamento al personale della Polizia, soprattutto nel caso di attacchi terroristici. In risposta al servizio, la Digos, su mandato della Procura di Roma, si è mossa per identificare la fonte a cui il giornalista Antonino Monteleone si era rivolto per il suo servizio. Fin qui non ci sarebbe nulla di male, se la Digos per ottenere il filmato non montato si fosse rivolta direttamente a Monteleone. Infatti, la legge consente ai giornalisti di tutelare il segreto professionale sulle proprie fonti. Così non è però per l'editore, che non è sottoposto ad alcuna tutela giuridica. Che cosa è accaduto a La7? Nonostante ci sia una giurisprudenza ampia e ben definita in materia, anche a livello europeo, la Digos, invece di rivolgersi al giornalista per ottenere l'integrale del girato (che avrebbe però manipolato la fonte per non consentirne l'identificazione), si è rivolta direttamente all'editore che non ha alcuna tutela e che ha dovuto consegnare il girato senza che la fonte potesse esser tutelata dall'identificazione. Una scappatoia, come detto sopra, che contraddice la giurisprudenza ma che, in questi ultimi tempi - dato che fatti simili si sono ripetuti con una preoccupante frequenza - pare essere diventata norma. Nel suo intervento, Formigli ha ricordato che giornalisti, sindacati e altri istituzioni nel settore dell'informazione stanno cercando di far sentire la loro protesta contro questa nuova "tendenza" della magistratura. Gli unici che non hanno detto nulla, sottolineava Formigli, sono stati i politici. Se questa situazione dovesse continuare, è logico ritenere che il giornalismo d'inchiesta in Italia non potrebbe essere più fatto e l'unica possibilità di informare sarebbe quello di ritrasmettere comunicati e veline ufficiali.