"Questo genocidio non è stato evitato né è stato fermato perché è redditizio. C'è gente che sta facendo soldi grazie al genocidio. Un sacco di soldi".

Con queste parole taglienti, Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, smaschera una verità che in troppi fingono di non vedere.

In un'intervista rilasciata al quotidiano spagnolo elDiario, Albanese anticipa il contenuto di un rapporto ONU esplosivo: la carneficina in corso a Gaza non è solo il risultato di un'aggressione militare, ma anche e soprattutto un affare. Un business sporco, grondante sangue, che si alimenta del dolore e dello sterminio sistematico di un popolo.

Il rapporto – che si annuncia come un duro atto d'accusa – documenta la stretta interconnessione tra il genocidio in atto e gli interessi economici che lo rendono possibile. Circa 200 aziende, operanti nei settori più diversi, sarebbero direttamente coinvolte nella deportazione e nell'oppressione del popolo palestinese. Non si tratta solo del solito complesso militare-industriale, ma di un intero ecosistema capitalistico che trae vantaggio dalla distruzione, dallo sfollamento, dalla colonizzazione.

A fare da sfondo a questo orrore, come sempre, c'è un'alleanza storica: quella tra capitalismo predatorio e colonialismo armato. Nulla di nuovo sotto il sole, se non l'ipocrisia occidentale che continua a professare i diritti umani mentre finanzia – direttamente o indirettamente – chi li calpesta ogni giorno.

E qui entrano in gioco l'Italia e l'Unione Europea. Non con la forza della diplomazia o la difesa del diritto internazionale, ma con la loro complicità. Perché chi tace è complice. E chi commercia, coopera e si rifiuta di sanzionare è responsabile.

L'Accordo di Associazione UE-Israele continua a garantire privilegi commerciali a uno Stato il cui governo è accusato di crimini gravissimi. La vendita di armi e tecnologie militari procede senza intoppi. Le sanzioni? Neppure l'ombra. Di fronte a un'escalation di violenze documentate, l'Europa si limita a dichiarazioni di facciata, mentre milioni di euro e forniture strategiche continuano a fluire.

Serve un taglio netto. La sospensione immediata dell'Accordo UE-Israele, sanzioni personali contro Netanyahu e il suo esecutivo, l'embargo sulla compravendita di armi e tecnologie da guerra. Ogni giorno che passa senza queste misure è un giorno di sangue sulle mani dei governi europei, tra cui spicca quello della cristianissima madre Giorgia Meloni.

La storia ricorderà. E giudicherà. Chi oggi sceglie l'inazione sarà chiamato a risponderne davanti alle generazioni future (e speriamo anche di fronte a qualche tribunale internazionale), per aver lasciato che l'orrore si trasformasse in profitto.



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