Nel pomeriggio di lunedì, il ministro dell'Interno Matteo Salvini eruttava estatico la seguente dichiarazione:

«Gommone con 60 "immigrati" [ma se non sono ancora arrivati in alcun luogo dovrebbero essere migranti! Ma per Salvini evidentemente il termine non era abbastanza spregiativo, ndr] a bordo (evidente lo scafista alla guida) intercettato dalla Guardia Costiera Libica, che ha salvato e riportato a terra tutti quanti.Stavolta ai trafficanti è andata male!»


E dopo 24 ore, una nuova esultanza da parte del ministro che annuncia:

«Gommone con oltre 50 "immigrati" [aridaje, ndr] a bordo, la Guardia Costiera Libica è già partita per salvare e riportare a terra tutti quanti.Così si combattono gli scafisti!»


Due considerazioni per il distrattissimo ministro della Repubblica.

La prima è quella relativa a numerose e pure recenti inchieste giornalistiche che hanno dimostrato che tra trafficanti (e scafisti) vi è una unità d'intenti quasi imbarazzante con la Guardia Costiera libica, quando addirittura Guardia Costiera e trafficanti non finiscono persino per essere rappresentati dallo stesso soggetto.

La seconda riguarda la destinazione di arrivo dei migranti associata al termine salvataggio. Le partenze dalla Libia sono organizzate da trafficanti che decidono di far partire (anche come mezzo di pressione per ottenere nuovi finanziamenti dall'Italia) le persone che fino a qualche ora prima hanno schiavizzato e torturato recluse per mesi, se non addirittura per anni, in centri di detenzione che nulla hanno da invidiare ai lager nazisti.

I migranti che vengono "salvate" e riportate indietro dalla Guardia Costiera o sono persone che sono state fatte partire da bande rivali o sono persone fuggite dai centri di detenzione.

Dire che sono state salvate, dato che verranno ricondotte in un centro di detenzione libico, è alquanto inesatto, se non sfacciatamente oltraggioso nei confronti di quella gente.

La logica primitiva che alimenta la dialettica [termine più che esagerato da associare al ministro leghista] di Salvini non prevede però che lui dia risposta a queste pur semplici considerazioni. Tantomeno i primitivi italiani che lo venerano hanno le capacità intellettuali anche solo per vagheggiare l'idea di quanto sopra riportato.

C'è infine un'ultima considerazione che meriterebbe una risposta da parte del ministro dell'Interno e riguarda la Libia in quanto porto sicuro. Persino lui si è arreso all'evidenza che essendoci una guerra civile in corso la Libia non può essere considerata un porto sicuro.

Ma allora, dato che anche lui adesso ne è convinto, come può dire che quelle "persone" che verranno riportate in Libia potranno definirsi "salvate" dalla Guardia Costiera di quel Paese?

È così complicato rispondere a domande tanto semplici? Per ora, parrebbe di sì.