In cambio di prodotti industriali e di importanti investimenti cinesi in territorio brasiliano, Brasilia sta diventando il principale fornitore di materie prime agroalimentari per Pechino.

L’asse Pechino-Brasilia è in realtà iniziato nel 2009 ma è più di recente, nel 2022, che gli scambi commerciali hanno raggiunto livelli da record, con il valore totale dell’import/export che ha superato i 150 miliardi di dollari, pari a sedici volte il dato del 2004, anno della prima visita del presidente Lula in Cina. Questa corsia preferenziale non solo sottrae agli Stati Uniti il primato sul Sudamerica, ma penalizza Washington sul mercato globale delle commodities agricole. Non solo, infatti, il Brasile ha beneficiato della crescita della classe media cinese e dunque dei consumi interni e delle importazioni, ma la domanda asiatica ha fatto sì che per varie categorie di prodotti i sudamericani abbiano spodestato proprio gli Usa.

Basti pensare alla soia, che è di gran lunga il primo prodotto esportato dal Brasile, soprattutto in direzione Cina: dei 100 milioni di tonnellate di soia importate da Pechino nel 2023, 75 milioni provenivano dal partner sudamericano, che già da qualche tempo ha superato l’Argentina come primo produttore ed esportatore mondiale. Negli anni ’70, gli Stati Uniti dominavano il mercato della soia col 90% della quota, praticamente un monopolio. Oggi la quota è scesa al 28%, contro il 58% del Brasile che ha appunto beneficiato del boom economico del Dragone asiatico: vent’anni fa la Cina importava 21 milioni di tonnellate di soia l’anno, adesso cinque volte tanto.

Altro esempio: il mais. Negli anni ’80, Washington deteneva l’84% del mercato di questa materia prima, e secondo le stime dello stesso Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti nel 2024 scenderà al 27%. Il Brasile ha effettuato il sorpasso nel 2023, esportando 5,6 milioni di tonnellate, pari al 29% del mercato globale, e quasi un terzo di questo mais è finito in Cina (fino al 2021 Pechino ne comprava zero dal Brasile).

Interessante pure il caso della carne, soprattutto di pollo ma anche bovina. Nel mercato del pollame gli Usa in vent’anni sono passati dal 44% al 24% del totale esportato in tutto il mondo, mentre il Brasile ha raddoppiato la propria performance dal 17% al 36%. Dal 2000 ad oggi la quota degli Usa sulla carne bovina si è invece dimezzata dal 19% al 10%, mentre il Brasile vale un quarto del mercato mondiale, e ancora una volta con la Cina come cliente privilegiato: nel 2024 gli asiatici importeranno 3,55 milioni di tonnellate di manzo, su un totale venduto a livello globale di 12 milioni di tonnellate.

Il tutto in cambio di cosa, da parte cinese? Tanti tanti soldi: nel 2021 il Brasile è diventato il primo Paese destinatario di investimenti cinesi con quasi 6 miliardi di dollari, per finanziare progetti in tutti i campi, dal petrolio (con Petrobras che sta per aprire una sede in Cina) alle infrastrutture, dalle tlc al fintech e all’automotive. Più in generale, il Brasile nel 2023 è stato il primo esportatore globale di 10 prodotti di origine agricola: oltre a soia, mais, carne bovina, carne di pollo, in ordine sparso anche farina di soia, zucchero, caffè, cellulosa, tabacco e succo d’arancia. Non solo: l’export di frutta ha battuto nel 2023 il record a 1,34 miliardi di dollari, un valore modesto rispetto al mercato globale ma in crescita del 23,5% rispetto all’anno precedente, beneficiando della crisi di altri Paesi a causa dei cambiamenti climatici, in particolare su alcuni prodotti.

Fonte: avvenire.it