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Non parleremo più di tanto del ragioniere, già troppo si è detto. Ci giriamo intorno. Non è uno sfigato, spesso ha coraggio, vince le gare,  sempre contornato da scenari comicamente finto drammatici, tipo morti per sbaglio, lui e  Filini kamikaze, martellate sulle dita, tutto il repertorio che ricordiamo; e la dipendenza dal sesso, che non guarda poi troppo in faccia nemmeno alla tendenza: Fantozzi vagheggia il seduttore di sua figlia, copula con la piovra, fa uscire la linguetta davanti al ballerino di lap dance, farà eros telefonico omosex...insomma, a noi piace, è un vincente assoluto, anche perché...

..."la corazzata Potemkin è una cagata pazzesca" non rappresenta soltanto, come ha sdrammatizzato l'autore, la liberazione dai miti comunisti, più dogmatici di quelli cattolici (il che sarebbe già un merito), ma molto di più; è il grido belluino, poi divenuto grillino, dei frustrati "totali", di chi dice mille vaffanc...al giorno, ma sottovoce, e finalmente può dirne uno vero, alla persona che odia, su un argomento che nessuno ha il coraggio di affrontare. Lui, Fantozzi, paga. Grillo, no. Dopo Fantozzi, analoga ma più pacifica catarsi ci regalerà soltanto Corrado Guzzanti, liberandoci da Venditti troppo "raccordo anulare/ Roma Roma/ cuppolone.

Abbiamo apprezzato l'interpretazione, di stampo teatrale, di Liù Bosisio, nella parte della signora Pina; fece i primi due film, e il SuperFantozzi del 1986, ma nessuno ha mai pensato di interpellarla, o forse non ha voluto lei, ma a noi sarebbe piaciuto. Tutti tacciono o si prestano all'elogio di Paolo, con l'eccezione di Anna Mazzamauro/signorina Silvani, che da buona romana non ci sta. Avrebbe voluto qualcosa di più da quell'ispido compagno di lavoro? Sia come sia, ne lamenta la scontrosità, il rifiuto di considerarla un amica, addirittura riporta una risposta di Villaggio tranchant, più o meno: " sono amico solo di persone ricche e famose". Insomma, l'uomo Villaggio sarebbe una ...merdaccia?

Quello che ci pare emergere è un vago risentimento dell'attore, che non fu mai considerato degno dell'empireo di Cinecittà, nonostante il trasferimento a Roma (sollecitato da Maurizio Costanzo), i lavori con Fellini, Benigni e Monicelli, la notorietà all'estero: niente, per i sette colli lui restava il forestiero a cui battere sulla spalla, come un Fantozzi del cinema, trattato dai romani come dai genovesi. Anzi, questi ultimi forse, nemmeno li sentiva più come suoi concittadini, visto che non ne parlava mai e accennava alla città solo come la cartolina di un ricordo giovanile. Un amico di chi scrive lo incontrò una volta, eccezionalmente a passeggio nel centro di Genova e provò a salutarlo " in lingua", con un sorriso.  Si può fare; per esempio Gino Paoli, se lo riconosci, ti sorride. Gianni Morandi, invece , se lo sfiori appena con lo sguardo perché è venuto a mangiare sotto casa tua, ti fulmina, come è capitato a noi. E Villaggio, come reagì a quel saluto? Uno sguardo omicida, tipo Fracchia la belva umana, da non confondersi con il padre putativo di Fantozzi, il Fracchia buono che cadeva dalla poltrona.

Vita privata? Calma piatta, in teoria. Ci dicono che Paoluzzo giovincello facesse lo speaker a Londra ( ma come cavolo facevate a saltabeccare tra tanti posti fighi, eravate proprio figli di babbo...). Si è vista sui rotocalchi la foto di lui e Maura Albites, teoricamente il giorno del matrimonio, avvenuto in terra d'Albione verso la fine degli anni cinquanta. In realtà, in un'intervista apparsa dopo la partecipazione dei coniugi Villaggio al programma "Per tutta la vita", in onda verso la fine del secolo scorso, pare che l'attore abbia voluto comunicare al mondo la verità, ovvero che lui e Maura non si sarebbero mai formalmente sposati , non si sa il motivo: forse perché Maura non era cattolica e questo avrebbe provocato malumori nell'Italia di allora, chissà.

In qualche intervista si legge che i due si sarebbero concessi libertà da coppia aperta; in realtà a un certo punto pare che la paziente Maura avesse chiesto la separazione, "sobillata" dalle amiche, secondo Villaggio. Tutto rientrò, anche le voci sulle proprie corna, che probabilmente Villaggio inventò per mostrarsi moderno e anche fantozziano, insomma, per non scontentare nessuno. Maura si è vista di rado accanto, o dietro a lui, in qualche programma, più muta di un pesce, quasi rabbuiata o scocciata. Il figlio Pierfrancesco, per tutti Piero, ha scritto un libro sulle proprie disavventure da dipendenza, poi si è laureato in filosofia e fa il fotografo; la figlia maggiore Elisabetta si è occupata di regia e scrittura ( sua una illazione sul probabile omicidio di Marilyn Monroe): curriculum da figli di divi, che hanno potuto scegliere. Ammettiamo di essere invidiosi, come tutti gli italiani, caratteristica che Villaggio non mancava di rimarcare.

Paolo Villaggio è noto per aver messo i due figlioli ancora quasi piccoli, sui dieci, dodici anni, a vivere nell' appartamento in uno stabile di fronte al suo, con una governante e un citofono che collegava gli appartamenti; o per quella volta che comprò a Piero tutte le figurine Panini, privandolo del piacere di scambiarli con gli amichetti. Che dire? Da genitori si sbaglia sempre, no? Quando Vincenzo Muccioli, fondatore di San Patrignano, passò guai giudiziari, Villaggio non esitò a dimostrargli solidarietà e riconoscenza, per avergli salvato il figlio, forse conscio che lasciando che Piero girasse per cliniche di lusso o sobborghi di Los Angeles, lo avrebbe probabilmente perso.

Si disse favorevole al matrimonio gay (diritto sacrosanto"), ma in un programma ricordò con compiacimento un suo vecchio conoscente "frocio". Lui poteva.

Abbiamo voluto dunque ricordare Paolo Villaggio, l'ateo "cristiano" come si definì davanti a Borghezio, colui che non crede, ma pratica dei valori di solidarietà e ora riposa insieme ai suoi genitori; un uomo più romantico di quanto la sua fredda natura " capricorniana" desse a intendere.

La sua comicità , pur uscendo dall'alveo delle caratterizzazioni regionali, si inserisce in una sorta di ambito " comunale", introducendo la "genovesità", fino a quel momento relegata, nel cinema, a qualche macchietta di scontata parsimonia e talvolta volgarità gratuita. L'atteggiamento dei personaggi interpretati da Villaggio nella commedia all'italiana, come quelli tipicamente suoi, trascinano, insieme al marcato, ma non manierato, accento genovese, anche l'attitudine del popolo di quella città a deridere iniziando da se stessi, in un subliminale e implacabile martellamento mentale che implica, se chi parla è un nullità, che lo sia anche l'interlocutore, e vede nell'altro sempre e irrimediabilmente un nemico rompiscatole e arrogante, da combattere solo col sarcasmo.

Genova c'è. E' che sembra proprio non voglia esserci: più divertente lamentarsi di " quelli di Roma", molto meglio un bel mugugno.