Il No ha vinto e, nonostante la propaganda, l'effetto Renxit sui mercati non c'è stato, come molti invece ipotizzavano. Non c'è stato, perché la debolezza del sistema economico bancario non dipende certo dalla riforma costituzionale ma dalla crescita risicata del Pil, dal debito pubblico elevato, dai 360 miliardi di NPL (non performig loan) o crediti deteriorati posseduti dalle banche.
Il Monte dei Paschi di Siena, di cui colpevolmente il Governo ha fatto coincidere l'aumento di capitale con il voto al referendum costituzionale, ne è la riprova.
Dopo aver prosciugato i finanziamenti precedenti, compreso l'intervento del fondo Atlante, MPS si è trovata di nuovo a cercare 5 miliardi sul mercato. Perchè adesso l'aumento vada in porto, è necessario che le adesioni alla conversione di bond subordinati in azioni ordinarie sia tale da costringere le banche d'affari a sostegno dell'operazione, Jp Morgan in testa, a supportare la ricapitalizzazione con propri investimenti.
Al momento, però, non sembra che questo sia lo scenario, tanto da prospettare un intervento pubblico di sostegno per la sottoscrizione dell'aumento di capitale di MPS in modo da garantirne la continuazione dell'operatività.
Il nuovo ammnistratore delegato, Morelli, è volato a Francoforte per concordare con Draghi eventuali proroghe al tempo concesso per l'operazione.
In ogni caso, dovesse intervenire lo Stato, gli scenari tecncici sarebbero due. Il primo è il bail out, cioè un intervento diretto dello Stato sotto varie forme, tra prestiti agevolati, esenzione fiscale o aiuti finanziari. Però, le regole di Bruxelles sembrerebbero dover escludere questa strada.
Quindi, l'altra percorribile è il già sperimentato bail in (ricordate Banca Etruria lo scorso anno?). In questo caso, l'intervento ricadrebbe su azionisti e investitori istituzionali titolari di azioni subordinate. Ma non è detto che ciò sia sufficiente lasciando al riparo i piccoli risparmiatori e i correntisti, che potrebbero rimanerne coinvolti.
Anche la vicenda Monte dei Paschi si può aggiungere all'elenco dei "successi" di Matteo Renzi, come ennesimo esempio che discorsi e piaggeria possono creare consenso, ma non possono fare uno statista.