John Winston Lennon nacque a Liverpool nel 1940. Il papà Alfred, d'origine irlandese, era un marinaio, la mamma Julia una casalinga. Sembra si fosse trattato di un matrimonio un po’ affrettato, anche se non riparatore. John nacque due anni dopo.
Complici le lunghe assenze del marito, Julia si concedeva delle divagazioni e presto si ritrovarono separati di fatto. Alfred si dileguò ma, prima, chiese al figlio se per caso volesse vivere con lui, non si sa bene dove; il piccolo rifiutò e si ritrovarono solo molti anni più tardi, quando il padre era moribondo.
Julia ebbe tre bambine da più compagni. Non aveva tempo per badare a John e lo affidò alla propria sorella Mimi, sposata senza figli. La donna, dopo un’iniziale perplessità, si dedicò al piccolo con passione. John, in seguito, parlò con rispetto degli zii.
L’infanzia non fu particolarmente tribolata, considerati gli inizi difficili. Era prevedibile che John crescesse secondo i modelli sociali dell’epoca e del luogo: i gruppi giovanili girovagavano in cerca di risse nell’angiporto, in preda alle prime intemperanze alcoliche. Nel frattempo arrivava dall'America la musica rock, portando in dote un indubbio vantaggio per i figli d’Albione (*1) : parlava inglese.
E’ inevitabile provare un po’ d’invidia, e ancor più per chi di professione è musicista, nei confronti di questo popolo, diciamo britannico, che non aveva prodotto, nei secoli, uno straccio di artista musicale degno di nota.
Gli avventurosi anglosassoni, coadiuvati dai paraconnazionali, gaelici, scozzesi, gallesi, non avevano perso tempo nelle belle arti e nella musica, troppo impegnati com’erano a navigare, colonizzare e, secondo le interpretazioni, sfruttare le risorse altrui.
L’immagine di questa “nazione”, chiamata di volta in volta Gran Bretagna o Regno Unito o, secondo una detestata e impropria traslazione, Inghilterra, era legata all’ inossidabile monarchia e al suo contorno nobiliare a cavallo; agli uomini in bombetta della "City" finanziaria, alle corse dei cani e ai castelli. Il resto era una landa desolata e battuta dal vento, dove pioveva spesso, si mangiava male, si beveva troppo. Il popolo era diviso tra un’èlite altezzosa ed una massa alquanto derelitta, sepolta in fabbriche o miniere, da cui usciva per cercare fortuna in terre lontane.
La grande letteratura nobilitava l’immagine del paese, ma non era pane quotidiano per le masse, non più che altrove, almeno. E questo era tutto. Qualche grande come Oscar Wilde (irlandese ma trasferitosi in Inghilterra per studio) era stato lentamente ucciso dalla cupa atmosfera vittoriana che, negli anni della giovinezza di John, ancora aleggiava.
In definitiva, l’isola non era mai stata particolarmente di moda. Nessuno sognava di andarci e, possibilmente, se ne fuggiva. Una meta molto amata, già da allora, era la Toscana, per chi potesse permettersela.
John non sarebbe stato un cattivo studente, se seguito a dovere; era particolarmente portato per il disegno e coltivò quest’ hobby fino alla morte.
Per il resto, le sue abitudini erano quelle dei ragazzi della sua età, in quel centro portuale che forniva qualche occasione di svago in più rispetto ad altre città, senza ovviamente uguagliare la capitale.
I fermenti artistici, però, non tardarono a farsi sentire. John suonava la chitarra, pur senza essere un virtuoso, e conobbe gli altri tre ( il batterista all’inizio era Pete Best, che se ne andò per dissapori con il padre di McCartney).
Biografi ostinati e indomiti hanno insinuato che in quegli anni lui abbia ucciso incidentalmente un coetaneo durante una rissa; e che abbia la responsabilità della morte di Stuart Stutcliffe, un caro compagno di bisbocce, giovanissimo. In uno slancio di violenza cameratesca da amiconi molto in confidenza, John lo avrebbe preso a calci in testa. Il povero “Stu” stava provando a entrare nel gruppo pur senza saper far nulla e, di lì a poco, un’emorragia interna gli fu fatale. La sua ragazza, una tedesca, aveva studiato le pettinature a frangetta della band.
Sentimentalmente John stava quasi a zero, poco incline, da buon inglese, a grandi gesti amorosi, anzi timido e maldestro. Ci fu l’apprendistato con qualche ragazza più grande, sotto l’arcigna disapprovazione di zia Mimi. Infine la dolce e giovanissima Cynthia Powell, che girava in kilt e twin set (*2) colori pastello, riuscì ad attirare la sua attenzione e a "fermarlo" per qualche anno.
John non ne parlò mai molto, se non a pochi intimi. Lei era innamoratissima, lui chissà. A un certo punto la ragazza restò incinta e i due si sposarono in tutta fretta nel 1962, poco più che ventenni. Nell’aprile 1963 nacque il malinconico Julian, che il padre non riuscì mai a capire. Si giustificava affermando che il bambino aveva un carattere introverso e poco intraprendente, come la madre, ma in realtà lo trascurò fino alla fine e, dopo il secondo matrimonio, finì per vederlo poche volte l’ anno. Pare che passasse alla sua ex famiglia un mensile da fame, se rapportato ai suoi redditi. Dicono che "Hey Jude" sia stata dedicata da McCartney proprio a Julian, per confortarlo della sua triste condizione.