Tre sono le notizie più significative di oggi relative all'incredibile situazione che si è creata negli Stati Uniti dopo le presidenziali del 3 novembre.

La prima riguarda quanto riportato dal New York Times che ha svelato l'intenzione di Trump di bombardare siti nucleari in Iran, dopo che gli ispettori internazionali hanno denunciato un aumento significativo delle scorte di materiale nucleare nel Paese. 

A dissuaderlo dalla decisione alcuni dei suoi consiglieri, tra cui il vicepresidente Mike Pence, il Segretario di Stato Mike Pompeo, il (facente funzione) segretario alla difesa Christopher Miller e il generale Mark Milley, a capo del Joint Chiefs of Staff, che gli hanno fatto presente che un attacco sarebbe quasi sicuramente sfociato in un conflitto di più ampia portata.

L'episodio fa capire il perché la scorsa settimana Trump abbia licenziato il Segretario alla Difesa Mark Esper, insieme ad altre figure di spicco all'interno del Pentagono, a poche settimane dal suo addio alla Casa Bianca. 

Come dimostra quanto svelato dal NYT, Trump parrebbe essere intenzionato a prendere decisioni che i precedenti vertici del Pentagono avrebbero sicuramente ostacolato, ma non coloro che li hanno sostituiti.

Questa volta i consiglieri più vicini al presidente in carica lo hanno dissuaso dal bombardare l'Iran, ma cosa potrà accadere nei prossimi giorni nessuno può dirlo con certezza.


Nel frattempo, e questa è la seconda notizia, il presidente eletto Biden ha ricordato al Paese che, da parte di Trump, ostacolare la transizione tra la vecchia e la nuova amministrazione, soprattutto ora nel bel mezzo di una pandemia, non potrà che causare un maggior numero di morti. Ad esempio, uno degli argomenti che dovrebbero essere trattati quanto prima è la definizione di una strategia per la distribuzione sia delle prime dosi di vaccino, sia della definizione delle problematiche logistiche per la sua somministrazione, considerando che si tratta di una vaccinazione di massa. Oltretutto, il vaccino di Moderna richiede una doppia somministrazione nel giro di 4 settimane.

Ma anche ieri, addirittura con più determinazione rispetto ai giorni precedenti, Trump ha dichiarato di non accettare la validità del voto del 3 novembre, annunciando che le azioni legali finora intentate non erano quelle promosse dalla Casa Bianca, che, invece, saranno avviate a breve nei vari Stati. 


E veniamo così alla terza notizia, forse la più indicativa e per questo più importante. Nelle scorse ore, alla vigilia della discussione della causa per invalidare il risultato della Pennsylvania, causa che si dibatterà questo martedì, tre legali del team di Trump hanno chiesto al giudice di ritirarsi dalla causa, presumibilmente nella speranza che ne venga nominato uno più incline ad accogliere le loro istanze. Intanto, l'avvocato Marc Scaringi, di Harrisburg, è entrato a far parte del gruppo di avvocati guidato da Rudy Giuliani e sarà lui a consigliare Trump in merito alle prossime mosse.

Gli avvocati di Trump illustreranno il caso quest'oggi di fronte alla corte federale di Williamsport, senza però, a meno di sorprese, disporre di prove sostanziali che possano invalidare il voto, compreso quello per corrispondenza. Ultimamente Trump aveva avanzato perplessità anche sul voto elettronico riferendosi ad una fake news mai confermata.

Nel caso in cui il giudice di Williamsport decidesse di liquidare la causa di Trump che riguarda uno Stato come la Pennsylvania che ha assegnato ben 20 delegati, per il presidente in carica continuare a negare la realtà significherebbe soltanto minare le basi dello stato di diritto, con tutte le conseguenze del caso.