È trascorso un anno e mezzo da quando, il 24 febbraio 2022, Putin diede l'ordine scellerato di invadere l'Ucraina. È il momento di condurre un'analisi onesta, spazzando via le ottimistiche valutazioni sin qui prevalse sul fronte occidentale, alimentate da una propaganda bellicista superficiale quanto assordante.

La strategia sin qui perseguita in ambito Nato, basata su continue forniture militari all'Ucraina e sulla logica dell'escalation, non ha determinato l'auspicata sconfitta militare russa. Tutt'altro. Non c'è stata nessuna sconfitta dell'esercito russo a Bakhmut, non c'è stato nessuno sfaldamento dei suoi comparti militari e paramilitari, non c'è stato nessun ripiegamento sotto la controffensiva ucraina.

La prospettiva di una destabilizzazione interna si è schiantata di fronte al rafforzamento della leadership di Putin e alla crescita del suo consenso interno.

Le sanzioni economiche e finanziarie inflitte alla Russia non l'hanno spinta alla bancarotta né tantomeno hanno piegato la sua economia.

L'isolamento della Russia non si è affatto realizzato. Anzi. Si è appena concluso il 15° summit del raggruppamento Brics, a guida russo-cinese, con la prospettiva concreta di un suo ulteriore allargamento nel 2024, che sfiorerebbe il 45% della popolazione mondiale e il 38,2% del Pil globale.

Anche i calcoli sul fronte russo si sono rivelati completamente errati. Se Putin pensava a una guerra lampo, si è invece ritrovato coinvolto in un conflitto dispendioso sotto tutti i punti di vista, con l'accusa personale di aver commesso crimini contro l'umanità e la prospettiva di avere compromesso il suo ruolo anche sul piano internazionale.

Dopo un anno e mezzo di guerra, qual è la realtà che prevale su tutte queste semplicistiche previsioni pompate dalla propaganda guerrafondaia?

  • La realtà sono i 500 mila morti di entrambi i fronti.
  • La realtà sono gli oltre 6 milioni di profughi ucraini che hanno lasciato il loro Paese.
  • La realtà sono intere città e vasti territori completamente distrutti che noi dovremo aiutare a ricostruire nei prossimi anni, con un impegno finanziario europeo, stimato nella sola fase iniziale in 50 miliardi di euro.
  • La realtà è che il conflitto russo-ucraino ha avuto un effetto traino per la crescita del 3,7% della spesa militare mondiale nel 2022 rispetto all'anno precedente, con il risultato che la spesa militare l'anno scorso ha raggiunto, nell'intero pianeta, la somma record di 2.240 miliardi di dollari.
  • La realtà è che questo conflitto nel cuore della vecchia Europa ha messo a nudo l'incapacità dell'Unione europea di elaborare una efficace strategia comune e di esprimere un'autonoma leadership, politica ed economica, evidenziando, al contrario, la subalternità dei nostri governanti agli Stati Uniti.

Quando è scoppiato il conflitto abbiamo subito chiesto, come Movimento 5 Stelle, un forte e chiaro impegno per impostare una linea di dialogo con tutte le parti in conflitto e per perseguire la strada del negoziato di pace.

  • Abbiamo portato avanti questo nostro impegno in tutte le sedi, a ogni livello, sollecitando infinite volte, prima Draghi e adesso Meloni.
  • Abbiamo promosso un confronto democratico in Parlamento, in ossequio ai nostri principi costituzionali.
  • Abbiamo utilizzato ogni possibile strumento parlamentare (mozione, risoluzioni, ordini del giorno) e ogni mezzo di dialogo per fare in modo che l'Italia, senza rompere la tradizionale alleanza atlantica, assumesse un ruolo propositivo per indirizzare il conflitto verso una via d'uscita che non fosse la sola escalation militare. Siamo stati tra i protagonisti della marcia dei 100 mila per la pace, a Roma, il 5 novembre dell'anno scorso.

Siamo stati aggrediti e derisi dalla becera propaganda bellicista con ogni tipo di accuse e dileggi. Noi abbiamo tirato sempre diritto, consapevoli che il cammino verso un negoziato e in direzione di un percorso di pace e sicurezza, richiedesse molto più coraggio rispetto all'allineamento acritico a una strategia militare priva di lungimiranza politica.

Siamo sempre stati convinti, insieme alla Santa Sede e a pochi altri attori, che questo fosse il modo migliore per tutelare gli interessi della popolazione ucraina e il suo legittimo diritto all'autodeterminazione.

Siamo sempre stati convinti che fosse un errore lasciarsi guidare dall'ossessione di infliggere una disfatta militare alla Federazione russa, incuranti delle prospettive geo-politiche che rischiano di portarci a un equilibrio internazionale rigidamente bipolare, secondo la logica di una new cold war.

L'anno prossimo si terrà la campagna elettorale per le elezioni presidenziali americane. È facile prevedere che anche negli Usa questo conflitto sarà al centro del dibattito politico, creando le premesse per un disimpegno militare, visto che la strategia sin qui seguita è costata ai contribuenti americani già decine e decine di miliardi di dollari.

Noi non vogliamo le scuse da chi ha aggredito e ci ha dileggiato. Le scuse non ci interessano. Noi vorremmo semplicemente che si ravvedano coloro che sin qui hanno mostrato i muscoli, vantandosi di avere coraggio nel far combattere agli ucraini una guerra per procura. Noi vogliamo semplicemente che questo ravvedimento li spinga ad adoperarsi con solerzia per indirizzare il conflitto verso l'unica soluzione possibile, nel segno della pace e della sicurezza internazionale.