La paura fa 90? No, fa 4 nel senso di giorno e 12 nel senso di mese. Il prossimo 4 dicembre è il giorno del referendum confermativo del nuovo testo costituzionale su cui gli italiani saranno chiamati ad esprimersi con un Sì o con un No.
Secondo le previsioni di Renzi, quell'appuntamento avrebbe dovuto trasformarsi in una specie di apoteosi personale con tanto di marcia trionfale dell'Aida a fare da sottofondo. Tanta era la convinzione di vincere e di vincere facile, che l'appuntamento referendario era stato trasformato da Renzi in una sorta di plebiscito pro o contro di lui, tanto che, in caso di sconfitta, ne avrebbe tratto le conseguenze ritirandosi dalla politica.
In funzione dell'esito dei sondaggi che progressivamente hanno visto calare i consensi per il Sì, la posizione del premier riguardo il suo futuro è cambiata, ma questo ormai ha poca importanza per elettori e istituzioni. Se vincesse il No, con quanto aveva dichiarato, Renzi potrebbe continuare a governare ma sarebbe, comunque, quella che in USA definiscono un'anatra zoppa, un presidente che tutti inizieranno ad impallinare alla prima occasione.
Ed allora si fa sempre più impellente la necessità di rinviare il quesito a data da destinarsi. Indiscrezioni di corridoio raccontano di un Renzi implorante che, tramite i soliti ambasciatori Letta e Confalonieri, avrebbe chiesto a Berlusconi un accordo politico per votare il prossimo anno. Tale richiesta è stata fatto prima degli ultinmi eventi sismici e ripetuta dopo tali eventi, con la scusa che adesso le priorità sono altre.
La risposta dell'ex Cavaliere sarebbe stata un no secco e deciso. Alle voci di un rinvio, anche altri partiti all'opposizione hanno fatto sapere di non essere in alcun modo disposti a rimandare il voto.
Adesso, le uniche speranze del presidente del Consiglio sono riposte nei tribunali che devono esprimersi su alcuni ricorsi, presentati tempo fa, che contestano le modalità del voto. Tra quelli che sono più degni di essere accolti c'è quello presentato dall'ex presidente della Consulta Onida che richiede che la Corte Costituzionale possa esprimersi sullo spacchettamento del voto, a causa della eterogeneità dei quesiti.
Questa possibilità sembra essere rimasta l'ultima speranza concreta per Renzi e per favorirla, le solite indiscrezioni parlano di un notevole attivismo in merito da parte del presidente della repubblica emereito Giorgio Napoliotano che, dopo aver gestito il paese dal 2011, pare ci abbia trovato gusto e voglia continuare a farlo anche da senatore a vita.
Al di là delle ipotesi che possono essere fatte su tali sviluppi, di concreto e inoppugnabile rimane il fatto che Renzi e i sostenitori del Sì hanno ormai preso coscienza dell'impossibilità di convincere gli italiani a votare per una riforma raffazzonata, illogica e insensata, sperando solo di poterne comprare il voto con regalie e miglioramenti della condizine economica generale del paese.
Il terremoto e le sue consegunze non sono certo un aiuto. Pertanto si farà di tutto per trovare il modo di rinviare il voto.